In ricordo di Marino D’Andrea

Pubblichiamo, su gentile autorizzazione dell’Autore, l’intervento del dott. Vincenzino Di Nardo pronunciato in memoria del nostro illustre compaesano Marino d’Andrea sabato 27 agosto u.s. presso la Sala Polifunzionale dell’edificio scolastico di Capracotta in occasione della presentazione del volume “Capracotta e la Memoria della Grande Guerra (1916 – 2016)”.

Il dott. Vincenzino Di Nardo
Il dott. Vincenzino Di Nardo

Marino D'AndreaRicorre oggi 27 agosto 2016 il 50° anniversario della scomparsa di un uomo che ha fatto onore a Capracotta: Marino D’Andrea. Nasce il 29 giugno 1913 da Maria Bambina Ciccorelli (zia Bambina) e da Nicola (zio Colitto), falegname “sui generis” con il pallino delle invenzioni; ricordiamo:

– L’affilatrice della sega a nastro

– Gli sportelli intercambiabili per le vetrine dei negozi

– La mangiatoia smontabile per le salmerie militari

– Marchingegni e segreti vari per nascondere l’accesso ad effetti e cose personali

Fotografo;

Appassionato di poesia e poeta lui stesso (Petrarca il suo mito).

Marino, falegname anche lui, è figlio d’arte; frequenta la Scuola di Avviamento professionale a Campobasso ove si distingue nel disegno tecnico. Rimane nella bottega del padre fino all’età di 26 anni quando, nel 1939, a seguito di concorso, entra come disegnatore in una importante Officina Meccanica romana (Ranieri) che costruisce carrozze ferroviarie. Cresce intanto, e si sviluppa sempre di più in Marino la passione per la meccanica e la consapevolezza delle sue straordinarie capacità. In una lettera al padre scrive “ Io sono nato per scotennare i metalli e far girare certe ruote a modo mio”.

Nel 1943, a causa degli eventi bellici la Ranieri chiude i battenti e Marino torna a Capracotta, nella bottega del padre, nuovamente falegname ma…il tarlo della meccanica non lo abbandona; con pezzi ricavati smontando residuati bellici precipitati giù ai “Ritagli” costruisce una sega per tagliare i tronchi e ricavarne tavole, indispensabili in quel periodo per la ricostruzione del paese appena distrutto.

battagliaNel 1947 risolve il problema dell’acqua dal Verrino; l’impianto di sollevazione non funziona, le turbine sono fuori uso nonostante l’intervento di tecnici giunti da Napoli. Lavorando alacremente e da solo, nel giro di circa 40 giorni riesce a riparare le turbine che finalmente pompano l’acqua al serbatoio del paese.

Torna a Roma dove, cessate le ostilità, la Ranieri ha finalmente riaperto i battenti; la famiglia resta a Capracotta. Riaffiorano i  ricordi:

trascorro gran parte delle mie giornate a casa D’Andrea  a giocare con Nicolino ed Ermanno; arrivano poi Maria Bambina ed Antonio. Peppina, la moglie di Marino, grande affabulatrice, la novellatrice del quartiere, ci intrattiene e ci incanta con le sue favole (classiche, paesane, inventate da lei a getto continuo). E’ questo uno dei ricordi più belli della mia infanzia. Solo con zio Colitto il rapporto non è dei migliori; è geloso dell’amicizia dei nipoti per cui qualunque cosa essi combinino la colpa è sempre la mia!

Nella mente di Marino prende sempre più chiaramente forma l’idea della necessità di un congegno indispensabile ad alesare il metallo in maniera veloce e precisa (Eseguire con un utensile metallico cilindrico ed allungato, munito di taglienti in punta, la finitura della superficie di un foro per ottenere l’esatto diametro voluto dentro il metallo).

Fino ad allora questa operazione veniva eseguita con un accessorio registrato a mano ed a macchina ferma, con scarsa precisione e notevole perdita di tempo.

Marino concepisce e disegna un complicato congegno, pieno di ingranaggi tra loro sincronizzati, a rotazione eccentrica e con la macchina in moto, per entrare nel metallo e lavorarlo dall’interno a piacimento.

Con la “Testa per alesare” Marino fa il suo ingresso nella Meccanica di alta precisione. La costruisce artigianalmente, superando notevoli difficoltà economiche e pratiche, nelle Officine Ranieri e la espone, nel 1952, alla Fiera Campionaria di Milano.

In una delle lettera alla famiglia racconta il primo giorno di Fiera: nessuno si è fermato ad osservare il suo apparecchio. Solo a sera, finalmente un ingegnere lo nota, ne intuisce l’importanza e ne parla con industriali del settore; non c’è nulla di simile in commercio! Si affretta a brevettarla.

Espone nello stesso anno anche a Torino. Scrive a Peppina: “Ho la strada aperta; se mi fermo adesso vuol dire che non valgo niente”.

Arrivano i primi ordini; alle difficoltà finanziarie, si aggiungono quelle di  produzione, di lancio e di commercializzazione. Momenti di abbattimento di fronte agli ostacoli si alternano a momenti di esaltazione per i consensi che di continuo arrivano.

I primi apparecchi vengono fatti costruire a Roma alla Ranieri ma non sempre soddisfano le aspettative di Marino, non superano il vaglio dei suoi esigenti controlli. E’ costretto a volte a rettificarli personalmente.

Nel 1953 espone ancora a Milano e poi a Torino, a Bruxelles. Scrive ancora: “E’ stato il più grande successo, ….l’apparecchio parla da sé e piace in modo particolare ai tedeschi”.  Nel 1954 affitta a Milano un locale, acquista una fresatrice, prende con sé i primi operai e comincia la produzione in proprio della “Testa D’Andrea”.

Espone ancora a Parigi, ad Hannover fino ad arrivare in America.

La famiglia lo raggiunge a Milano.

L’officina cresce per far fronte alle notevoli richieste che arrivano dall’Italia e dall’estero; vengono  assunti altri operai, alcuni di Capracotta, ed acquistati i locali per la “D’Andrea S.p.A”. La “Testa D’Andrea” viene copiata in un Paese asiatico; identica in tutto, almeno in apparenza, ma  in sostanza un fallimento, cosa  che conferisce ulteriore prestigio al prodotto italiano.

Marino apporta poi alcune sostanziali modifiche tecniche all’apparecchio che viene ulteriormente automatizzato e prodotto in vari modelli per far fronte alle specifiche esigenze della produzione; il marchio “D’Andrea” è già diventato sinonimo di qualità e di prestigio.  Finalmente è tranquillo, le difficoltà sono alle spalle.

L’estate sempre a Capracotta. Serio, rigoroso, severo in famiglia e sul lavoro, con gli amici si trasforma; proverbiali i suoi scherzi ed i tiri mancini. L’amicizia, così come la famiglia ed il lavoro, è per lui una religione.

Abitavamo di fronte; le finestre delle nostre cucine-soggiorno si corrispondevano e si corrispondono tuttora; tra le nostra famiglie non ci dovevano essere segreti. Un tacito accordo tra Marino e mio padre prevedeva che al calar della sera, quando si accendevano le luci, gli scurini delle finestre dovevano restare aperti; dovevamo poterci guardare come fossimo abitanti della stessa casa.

Accadde una sera che qualcuno inavvertitamente chiudesse gli scurini; sentimmo immediatamente dopo un urlo. Era Marino che, affacciato alla sua finestra e con tono di rimprovero intimava a Cicciotto, mio padre, la riapertura degli scurini.

Nel 1965 Marino si ammala; viene sottoposto ad intervento chirurgico ma la situazione gradualmente precipita. Il 27 agosto 1966 Marino ci lascia a soli 53 anni! Ma la D’Andrea non si ferma; superando difficoltà spesso impreviste ed non prevedibili, grazie a Nicolino ed Ermanno prima e ad Ermanno poi, continua il suo cammino. Nel 1997 infatti, una ristrutturazione societaria porta Ermanno a condurre autonomamente l’Azienda.

La “Testa D’Andrea” deve far fronte alle esigenze ed alle nuove richieste del mercato; nascono nuove teste elettroniche, gestite dal controllo numerico della macchina utensile su cui sono montate. Altri brevetti arricchiscono la produzione dell’azienda tra cui un sistema di portautensili monoblocco par la lavorazione ad alta velocità e portautensili modulari di alta precisione.

 La moderna Azienda di Lainate ha di recente aperto una “sorella minore” a Castel del Giudice, la “D’Andrea Molise”, dove dà lavoro a molti giovani.  Non possiamo poi non ricordare che la “D’Andrea SpA” contribuisce in maniera importante all’economia della nostra zona, non solo con altre iniziative innovative quali “la Produzione di mele biologiche” e “l’Albergo diffuso di Borgo Tufi”, ma anche con l’assistenza degli anziani e disabili della RSA di Castel del Giudice ed della RA di Capracotta.

Ricordavamo ieri con Ermanno quando, nel 1992, dopo la “Fiaccolata dell’Amicizia Capracotta-Rieti-Saronno”, ci recammo con Ninotto ed altri due amici, in Guinea Bissau, per l’inaugurazione del Liceo della capitale e di altre 12 scuole nei dintorni, grazie all’impegno profuso soprattutto da Ermanno in quella  iniziativa, nata sotto il Cervino, sul Furggen, in una splendida mattinata, una delle tante trascorse insieme sulle piste di Cervinia. E non a caso Ermanno aggiungeva che tutto quanto sopra grazie alla macchina messa in moto e lanciata da Marino negli anni cinquanta, che continua ancora la sua corsa …..e aggiungo io, guidata con intelligenza e sicurezza da un pilota capace  e sempre con lo sguardo rivolto a nuovi traguardi.

E’, questo di oggi, un sentito, affettuoso e doveroso omaggio alla memoria di Marino D’Andrea ed un fraterno e caloroso abbraccio alla sua famiglia.

Vincenzino Di Nardo