La ciummenéra, re braciere e re monache

Oggi quasi tutte le case sono dotate di impianto di riscaldamento; capaci radiatori riscaldano ogni stanza. La facilità con cui si governa il clima di una casa ha fatto dimenticare tante piccole e grandi complicazioni una volta collegate alla vita di ogni giorno. L’impianto di riscaldamento ha definitivamente cancellato e soppiantato il camino.

La  “ciummenèra”, un tempo centro strategico della casa, oggi è considerata uno sfizio e nulla più. Pegniate, pegnatèlle, cuttrièlle e treppiède, sciusciature, tenaglie e palètta hanno caratterizzato quotidianamente la vita nelle nostre case fino a qualche decennio fa. Preparare i pasti rappresentava una fatica non indifferente per le casalinghe di una volta; altro che moderne cucine a gas, forni a microonde, pentole a pressione e friggitrici elettriche! La panciuta “pegnatèlla de fascioule” per ore borbottava accanto alla brace e spesso di nascosto vi inzuppavamo belle fette di pane che, così insaporite, erano vere e proprie leccornie.

Le case, nonostante le maestose mura, d’estate erano fresche mentre d’inverno erano sempre gelide; solo in cucina il camino acceso dalla mattina alla sera dava un caldo tepore. La brace veniva gelosamente conservata di notte sotto la cenere: anche accendere un fiammifero in più era uno spreco. Se la presenza in altre stanze era indispensabile, ecco che vi ci si portava la “coppa” di brace o “re bracière”: la stanza si riscaldava, ma si arricchiva anche di velenoso ossido di carbonio che spesso causava emicrania, più volte scambiata per “malocchio” immediatamente “incantato” dalla capace nonna o dalla mamma tuttofare.

Di sera, poi, la permanenza intorno al camino non attenuava la sgradevole sensazione di infilarsi tra le lenzuola fredde e gelide…ed ecco che il problema veniva risolto con mattoni refrattari posti a scaldare e avvolti in un panno di lana. Il mattone per un certo tempo restituiva il calore immagazzinato e non doveva essere né troppo caldo (avrebbe bruciato tutto) né troppo freddo. Sostitutiva del mattone, ma più costosa, era la classica bottiglia di rame rotonda o triangolare che veniva riempita di acqua calda. Anche se rappresentava una soluzione migliore del mattone, non era priva di inconvenienti quali le scottature, le perdite di acqua per fori accidentali, per saldature mal fatte o per guarnizioni difettose.

Ma né il mattone  refrattario né la bottiglia di rame davano però quel piacevole senso di caldo che dava “re monache”, presente in tutte le case e di solito riservato ai genitori. Re monache, con la sua caratteristica forma lenticolare che ne agevolava l’inserimento tra le lenzuola, era costituito da listelli di legno ed aveva una base per la coppa di brace. Anche re monache creava di tanto in tanto  pasticci ben più gravi delle scottature; infatti se qualche carbone acceso cadeva dalla coppa, c’era il rischio di rovinare lenzuola e materasso o addirittura di trasformare la camera da letto in camera ardente.

Oggi un letto freddo si riscalda con la termocoperta, una stanza con i radiatori…ma neppure tutte le comodità di questo mondo possono sostituire la dolce atmosfera di un bel camino acceso, di una fiamma scoppiettante! Ci si incanta davanti al fuoco, a stuzzicare i tizzoni per osservare rapiti le “vecchie” che sprizzando viva luce esauriscono in un attimo il loro bagliore. Anche questo innocente giochino da piccoli ci era vietato; logicamente il prezioso fuoco se stuzzicato si consumava più velocemente e per intimorirci ci veniva detto che ogni “vecchia” era l’anima inquieta  di un defunto, che saliva lungo la canna fumaria!

Domenico Di Nucci