La Bolla per la Cappella di Santa Maria di Loreto del Papa Gregorio XV

La posizione della Cappella di Santa Maria di Loreto non è casuale: infatti da una mappa della fine del 1700 si nota che Capracotta terminava a sud-ovest con la Chiesa di Sant’Antonio di Padova e a nord-est con la Chiesa di San Giovanni; un tratturello collegava Castel del Giudice con Capracotta e terminava a San Giovanni mentre un altro tratturello a sud-ovest collegava Capracotta con il grande tratturo Celano-Foggia.

L’altro grande Tratturo Ateleta-Biferno, seguendo per un tratto il fiume Sangro, dopo Sant’Angelo del Pesco si allontanava da Capracotta per attraversare il Trigno dopo Montefalcone del Sannio.

L’enorme numero di pecore che d’estate pascolava nel territorio di Capracotta per affrontare la transumanza verso i pascoli pugliesi, doveva per tante ragioni, imboccare una strada, non troppo ripida e con pochi ostacoli naturali e la strada più agevole era per l’appunto il tratturello che partendo da sotto la Madonna, affrontava una graduale discesa sfiorando le pendici di Monte Capraro, aggirando ad ovest Monte Miglio e attraversando San Pietro Avellana si ricongiungeva all’inizio della Piana di Staffoli al tratturo Celano-Foggia. 

La Chiesetta della Madonna era dunque l’ultimo contatto dei pastori con Capracotta; era lì che avveniva il doloroso distacco dagli affetti più cari ed era lì che avveniva il primo contatto al ritorno primaverile.

Tra gli oltre 1000 motti popolari capracottesi non poteva mancare un cenno al doloroso distacco; un bambino di appena nove anni fu obbligato a seguire il padre pastore e appena dopo il primo tratto della discesa scoppiò a piangere, prima in modo sommesso poi in un pianto disperato e ripeteva tra i singhiozzi…. mamma méia… mamma méia. Il padre esclamò: tu chiagniɘ mamma méia e i? Tu piangi mamma mia, e io?

Ma anche chi restava viveva la lunga assenza del marito con disappunto e sofferenza: zɘ n’è iutɘ Giuannɘ, la iumènda e la cana mannaggia la puttana ripeteva come una nenia piagnucolando, percuotendosi le gambe con i palmi delle mani e strappandosi i capelli  una donna che restava per lungo tempo senza marito, senza la fedele cagna e senza la preziosa giumenta.

Non ci volle molto per trasformare quel posto in un luogo sacro: chi partiva e chi restava si affidava alla protezione della Madonna di Loreto.

La devozione fece sì che le continue offerte trasformarono la Cappella in una grande realtà economica al punto che la Cappella di Santa Maria di Loreto di Capracotta è annotata tra i locati alla Dogana di Foggia nel 1600 ed è il più grande proprietario di Capracotta con 9500 pecore; nel 1700 ne registrava ben 21.210.

Nel Libro delle Memorie  il primo riferimento alla Cappella è datato 1622 e riguarda una Bolla pontificia.

La Bolla (Bulla in latino, ndr) è una comunicazione ufficiale emanata dalla Curia Papale e corredata con il sigillo del Papa. A differenza dell’Enciclica, che vale per tutti i fedeli, la Bolla è diretta ad un solo destinatario. Alessandro Ludovisi fu eletto papa assumendo il nome di Gregorio XV, il 9 febbraio 1621 e morì l’8 luglio 1623. Questa Bolla, edita il 21 giugno 1622 e ricevuta il  27 luglio 1622, è inserita in questo documento che è interamente trascritta in latino.

«Nella Terra di Capracotta sita nella Provincia del Comitato (Contado, ndr) del Molise e alla presenza del Capitano di detta Terra. A richiesta  a noi sottoscritti Giudici del Regio Notario e testimoni, per parte dell’Università di Capracotta e del Clero della Terra di Capracotta e per essa dai sottoscritti Sindaci e eletti in carica e a favore di essa i sottoscritti Sindaco e gli eletti  Salvatore de Ciaccia Camerario e i sottoscritti Giuseppe de Gregorio e Troiano Carnevale Sindaci, Donato Antonio Carnevale, Bernardino Carnevale, Blasio de Gabriele, Loreto de Cagna eletti al Governo per il presente anno e alla presenza di don Donato Antonio Pettenicchio Arciprete, don Berardino Caparreccia, don Tobia Campanelli, don Donato di Rienzo, don Fabiano di Buccio, don Giovanni Castri Rubbiano e dei Chierici Nunzio Campanelli e Nunzio de Ciaccia, riuniti nella Venerabile Chiesa denominata Santa Maria di Loreto sita fuori dalle mura  di Capracotta costruita anticamente e attualmente ampliata e ornata anche con il consenso dei predetti Sindaci, degli eletti, dell’Arcipresbitero, del Clero, dichiarano davanti a noi che tutto quanto riguarda il pacifico possesso e la manutenzione della stessa Venerabile Chiesa in sede pubblica è registrato nella pergamena con sigillo di piombo pendente con cordicella=

Gregorius Episcopus Servuus Servorum Dei…»

……….

Nella bolla è specificato che il papa erige nella chiesa o cappella di Santa Maria di Loreto sia un beneficio ecclesiastico in perpetuo che una rendita a favore del Clero di 24 ducati annui.

Inoltre la bolla termina con «exequatur (che si esegua) per non essere la Chiesa predetta de Iure Patronatus Regio, né di Barone».

Il giuspatronato (Jus patronatus) o patronato ecclesiastico consisteva nell’acquisire un diritto su una chiesa o su un altare e chi ne era in possesso si impegnava a mantenere decorosamente la chiesa o l’altare, di donare soldi e beni immobili da cui la chiesa o l’altare traevano profitti; inoltre la chiesa o l’altare potevano diventare luogo di sepoltura per la famiglia che possedeva il giuspatronato. Quindi la bolla pontificia concedeva l’autonomia  alla Cappella di Santa Maria Di Loreto che poteva gestire i profitti che ricavava dai suoi beni.

Nella prima parte del documento si dichiara che la chiesa fu costruita anticamente e che in quell’anno fu ampliata e arricchita.  A testimonianza della ricostruzione c’è questa pietra murata nella facciata con incisa la data 1622.

Nel corso dei secoli la chiesa è stata modificata e restaurata più volte; infine nel 1925 su progetto dell’Ingegnere Vincenzo Castiglione fu modificata anche la facciata.

La facciata della Madonna prima e dopo il 1925.
Archivio fotografico di Giovanni Paglione

Interessanti sono le vicende legate alla statua; una leggenda dice che un gruppo di boscaioli rinvenne la statua tra il 1400 e il 1500 in località Vallesorda dove probabilmente aveva sede un monastero benedettino; in seguito fu denominata Santa Maria di Loreto, protettrice dei pastori nella transumanza.

Fu trasportata nella Chiesa Madre che allora si chiamava Santa Maria e successivamente si decise di edificare una Chiesetta fuori le mura dedicandola alla Madonna di Loreto e vi ci portarono la statua.

Logicamente la stessa statua fu denominata Madonna di Loreto, anche se quella originale ha la pelle nera.

In origine la statua aveva sul braccio sinistro un bambino che faceva corpo unico in un tronco di pero; inspiegabilmente il bambino venne reciso, sostituito da un braccio e la Madonna venne arricchita con un manto stellato.

Il bambino fu rubato il 15 settembre 1981 e da allora non più ritrovato.

Domenico Di Nucci