Processo a Dante e alla Divina Commedia a Capracotta: il racconto di Antonio D’Andrea

Sabato 8 maggio 2021, l’Associazione “Vivere con Cura” ha organizzato a Capracotta, nell’ambito del suo programma di iniziative primaverili “Espo’ 2021”, il primo incontro dell’evento “Processo a Dante e alla Divina Commedia” sul tema: «Sommi poeti e somme poetesse: Dante/Virgilio e Saffo/Compiuta Donzella. Vita e opere. Letture e declamazione pubbliche di brani». Ce lo racconta Antonio D’Andrea dell’Associazione “Vivere con cura”.

Per non essere noioso e cercare di essere conciso, in questo primo incontro (tutta la serie dovrebbe essere composta da otto incontri tematici) abbiamo messo in campo l’esperienza di tanti anni. A partire dal Metodo di Maria Montessori e quello di Gianni Rodari e cioè un incontro “vivo” non pesante né, passatemi la battuta, peDante e soprattutto centrato su una tenzone tra due visioni quasi opposte di Dante e della Divina Commedia. Queste tenzoni si svolgevano quasi quotidianamente al tempo di Dante tra Trovatori e Trovatrici e spesso tra frizzi e lazzi si punzecchiavano (a Capracotta si dice: “la p(e)zzichiata”) per far notare difetti e contraddizioni all’amico/a che a sua volta rispondeva per le rime e a cui potevano partecipare anche altri/e anche se in Italia la componente maschile era schiacciante.

Abbiamo avuto Ennio Di Nucci che ha raccontato la sua infanzia di lavoro tra campi e animali, ha declamato e commentato terzine e vita di Dante e ha riconosciuto anche suoi punti velenosi come il fatto che ha messo Maometto all’inferno in un periodo di guerre “religiose”. In realtà una religione che fa guerra per affermarsi, senza escludere nessun mezzo, non è una religione perché religione deriva da “religo” che significa saper unire, relazionare, anche confliggere ma senza distruggere né demonizzare. Ecco perché l’unico comandamento di Gesù “Ama il prossimo tuo come te stesso”, se realizzato o almeno vissuto, è realmente il cuore della religione, qualsiasi credo o non credo ciascuna/o coltivi. E invece, nel corso dei secoli, nel mondo ecclesiastico è stata stravolta l’impostazione di Gesù accendendo lotte con centri di potere laici (l’Impero) o altre fedi e anche con chi all’interno faceva notare contraddizioni e stravolgimenti, cioè le eresie.

E su queste critiche di Simonia, Avidità e Pedofilia sia Ennio che chi scrive ma tutte/i le/i presenti abbiamo concordato e riconosciuto a Dante il coraggio e la forza della sua denuncia, facendo anche nomi di Papi e prelati.

Ennio Di Nucci declama versi della Divina Commedia

Ennio si definisce un autodidatta e la Divina Commedia è stato il libro che da quasi 40 anni lo stimola a riflettere sui grandi temi morali e spirituali della vita individuale e sociale. E lo ha raccontato con tanta passione e questo ha colpito il cuore di ognuna/o dei quindici partecipanti fissi e degli altri dieci che sono passati durante l’incontro durato due ore, numero limitato in ottemperanza alla normativa anti-covid.

Leggendo tanti libri, articoli e visto tanti video su You Tube ho scoperto che sia la madre di Dante, Gabriella detta Monna Bella o semplicemente Bella che Beatrice, il grande Amore di Dante, sono morte sui 20/25 anni e quasi sicuramente, come ipotizzano i più fini studiosi, di parto. Mentre i cavalieri, i magnati (nobili) e messeri (grandi banchieri e mercanti ricchi, borghesi) lottavano e si ammazzavano per il potere insieme alle fazioni guelfe e ghibelline, le donne rischiavano grosso già solo con la maternità, perché alto era il tasso di morte. E perché? Il perché è lampante: nel mondo della nobiltà e delle famiglie facoltose i matrimoni erano combinati già dalla più tenera età e le bambine erano merce di scambio, oggetti per alleanze economiche e politiche e oltre al danno di sposare uomini il più delle volte anziani e rozzi (anche i nobili leggevano pochissimo perché da bambini erano iniziati a diventare formidabili macchine da guerra sui cavalli) c’era la beffa di iniziare al più presto a figliare e soprattutto sfornare figli maschi. Quindi i corpi ancora non raggiungevano la maturità, le gravidanze erano ravvicinate e continue e se aggiungi che solo Ildegarda di Bingen e Trotula de Ruggero della scuola Medica Salernitana parlavano di Medicina delle Donne, del parto e di sessualità, si capisce il perché di questa strage silenziosa.

Mi chiedo: perché Dante non dà la parola alla Madre nella Divina Commedia? Perché non chiede a Beatrice di cosa sia morta? La madre Bella non è mai citata. E allora cosa significa dire: “donne che avete intelletto d’Amore” e poi neanche parli di quella realtà tremenda e imbarazzante che era il combinare matrimoni precoci e spingere a maternità a ritmi frenetici.

E così arrivo all’altra critica. Nelle sue opere non cita Saffo vissuta tra il settimo e sesto secolo a.C., che viene considerata Grandissima. Lei rifiuta la guerra, volge lo sguardo verso il mondo delle Donne e della preziosità e meraviglia della vita e della Natura e del cosmo. Nomina la figlia Cleide, il suo grande Amore, insieme alle sue giovani Studentesse, perché secondo me la grandezza di Saffo sta nell’altra sua mossa: aprire una Scuola sull’Amore e sulla vita quotidiana fatta di belle parole e gesti armoniosi, l’opposto di quello violento e brutale patriarcale. È vero che Dante con i Trovatori/Trovatrici fa parte del gruppo del Dolce Stil Novo che cercava di elevare passioni, sentimenti e incontri sessuali ma scegliersi come maestro Virgilio, complice fondamentale della guerra verso Cleopatra e Marcantonio per la conquista di Cesare Ottaviano Augusto dell’Egitto è imperdonabile. Puoi avere l’animo sensibile ma sottometterti e venderti al Principe Augusto con quell’opera l’Eneide, ripeto è imperdonabile. Così la cecità di Dante su Compiuta Donzella, bravissima Poetessa del 1200, quasi contemporanea di Dante. Perché non ne parla?

Di lei sono rimaste solo tre poesie, come di Saffo sono rimasti solo frammenti. La cultura patriarcale o li ha distrutti oppure non ne ha avuto la minima cura, facendo sì che andassero perduti o rovinati. E allora mi viene il grande dubbio, anzi certezza, che Dante vuole dialogare solo tra maschi colti, di serie A. Le donne a fare le brave casalinghe, quelle povere, e quelle benestanti muse ispiratrici o oggetti d’amore elevate. No, Dante, così non va. E infine che dire che fino alla cacciata eri un Guelfo e vai in guerra in prima fila a Campaldino con tanto di cavallo e Armatura a sconfiggere i Ghibellini. E commenterai dopo quella sanguinosa battaglia (c’è chi dice 2000 chi 4000 morti) che alla fine avevi una “allegrezza grandissima” e ti sarà stata “una esperienza formativa”. Esperienza formativa uccidere e partecipare a bottini, stupri (corollario di ogni guerra) e violenze di ogni genere. E intanto eri sempre più travolto dall’Amore verso Beatrice che morirà nel 1290, l’anno dopo della battaglia di Campaldino. Ma come si fa a partecipare alle guerre e parallelamente Amare e parlare di Dolce Stil Novo?

Alla prossima. Alla fine degustazione a base di: Torta Paradiso, taralli, Vino Divino, Dan Thè, liquore, tutto con foglie o bacche di Alloro. Narra la leggenda che prima di partorire D(ur)ante, Bella sogna che appena nato il pargoletto non si attacca al seno ma corre sotto l’Albero di Alloro e a piene mani mangia le Bacche, a presagio di tanta Genialità e Poesia.

 

Antonio D’Andrea

Associazione Vivere con Cura