La chiesa dei santi Simone e Giuda Taddeo su Monte Capraro

I resti del cenobio di san Giovanni su Monte Capraro

Oggi si festeggiano gli apostoli san Simone e san Giuda Taddeo. La Chiesa li commemora nello stesso giorno perché sono stati entrambi apostoli di Cristo, testimoni della sua risurrezione, hanno predicato insieme il Vangelo in Mesopotamia e vi hanno subito- sempre insieme- il martirio. Le loro reliquie sono custodite nella Basilica di san Pietro a Roma.

Nel Medioevo, esisteva una chiesetta dedicata ai due santi sulla vetta di Monte Capraro: apparteneva al vicino cenobio benedettino di san Giovanni Battista, dipendente dalla prepositura di San Pietro Avellana. Probabilmente, nel 1171, sorse qualche controversia sulla sua giurisdizione da spingere il priore Ruele a redigere un documento, un memoratorio, per ribadire e tramandare che essa facesse parte dell’eremo di san Giovanni fino a minacciare addirittura di scomunica «qualunq(u)a h(om)o volsesse depa(r)/tire ista eccl(esi)a da S(an)c(t)u Ioh(ann)e».

Il documento, molto rovinato per l’umidità, è stato trascritto quasi per intero dall’archivista di Montecassino Mauro Inguanez (1887-1955) ed esaurientemente analizzato dal filologo livornese Arrigo Castellani (1920-2004).

Questo è il testo:
Fr(ater) Ruele prior heremitus S(an)c(t)i Ioh(ann)is de Monte Caprarum ………. s(an)c(t)orum ap(osto)lo(rum) Sy/monis (et) Iude in t(er)ritorio de S(an(c(t)i Ioh(ann)is p(ro) subdita (ecclesia) de S(an)c(t)i Ioh(ann)is fesit pro ipsu(m) (et) p(ro) / aliis fr(atribu)s heremit(is) de S(an)c(t)i Ioh(ann)is li quali laborasseru p(ro) ip(s)i (et) p(ro) aliis fr(atribu)s li quali fusseru / in S(an)c(ti) Ioh(anni)s (et) p(ro) facere or(ationem) quilli iurni li quali no(n) gisseru a llabore. Qualunq(u)a h(om)o volsesse depa(r)/tire ista eccl(esi)a da S(an)c(t)u Ioh(ann)e scì scia exco(m)municat(us.

Questa la traduzione:
Frate Ruele priore dell’eremo di San Giovanni del Monte Capraro fece (questa chiesa) dei Santi Apostoli Simone e Giuda nel territorio di S. Giovanni quale (chiesa) dipendente (dal detto monastero) di San Giovanni per sé e per gli altri frati eremiti di San Giovanni i quali lavorassero per loro e per gli altri frati i quali fossero in San Giovanni e per fare orazione quei giorni in cui non andassero al lavoro. Chiunque volesse separare questa chiesa da San Giovanni sia scomunicato.

«Castellani sostiene che “iurni” costituisce la più antica attestazione italiana del tipo “giorno” che verrebbe da “diurnum” che era usato come sostantivo nel tardo latino imperiale- spiega l’architetto Franco Valente, profondo conoscitore e appassionato divulgatore del patrimonio storico e artistico molisano-. Karin Ringenson ha sostenuto che l’italiano “giorno” avesse una derivazione gallo-romanza, dal francese antico “jor(n)”. La studiosa francese, dunque, sosteneva che il termine “giorno” avesse conquistato l’Italia superando le Alpi per raggiungere la fascia centrale».

«Il memoratorium di Capracotta-San Pietro Avellana riapre i termini della questione sulla originalità dell’uso del termine- aggiunge lo studioso- e certamente mette in discussione la sua più antica attestazione retrodatando di una quarantina di anni l’uso che se ne era fatto agli inizi del Duecento in un verso marchigiano di S. Alessio. Per il momento a noi fa piacere prendere conoscenza di questa circostanza che restituisce una notevole importanza alla documentazione archivistica che, conservata a Montecassino, proviene dal Molise Alto».

Bibliografia:

A. Castellani, I più antichi testi italiani, Pàtron, Bologna 1973 e 1985, pp.165-169

M. Inguanuez. I placiti cassinesi del secolo X con periodi in volgare, Montecassino 1929 e 1942

K. Ringenson, Dies et diuturnum. Etude de lexicographie et de stylistique, in “Studia neophilologica”, X, 1937

Sitografia:

www.francovalente.it