Canti di una volta a Capracotta: la ninna nanna

Nella nostra antica tradizione canora, tra i canti popolari, si annoverano quelli dei pastori, tra i pascoli odorosi delle montagne; d’amore, da parte di giovani, sotto le finestre delle innamorate; religiosi, in chiesa e durante le processioni; in campagna in coro, per alleggerire il duro lavoro, con note tristi o gioconde; del lutto, monotoni e malinconici, intonanti salmodie nel ricordo del defunto, con pianti ritmati.

Oltre questi, le ninna nanne, cantate dalle nostre mamme, quando un tempo addormentavano i propri bimbi. Soavi cantilene per conciliare il sonno dei figli, dopo una giornata di stenti e di aspra fatica. Esse non si fermavano di dondolarli nella “sciònna” (culla), in braccio, su una sedia o ninnandoli sul letto, ove adagiati.

Nel canto che riporto traspare, da parte della mamma, religiosità intensamente e profondamente sentita, attraverso la richiesta di celeste protezione della Madonna per la propria creatura, ma, in modo impetuoso, irrompe amore e tenerezza con parole dolci e melodiose. Non manca l’allusione al mondo agricolo di allora, con il riferimento al bosco, alla capanna, ai gigli e alle rose.

Sorprendenti le due ultime strofe, dove, tralasciando la metrica precedente, e certamente con modulazione della voce, quasi con improvvisa meraviglia, la mamma, nella sua profonda fede, afferma che la bellezza di suo figlio è opera della Madonna, riconoscendola addirittura quale madre soprannaturale del proprio bimbo, che, finalmente, dorme beato.

Quindi un piacevole canto dei tempi passati, espressione di intenso amore materno e di religiosità semplice e sincera:

Fatte la sciònna (dormi nella culla) figlie de mamma,

dendre a ru vosche (bosco) nge sctà na capanna,

Fatte la sciònna. e nu lunghe repuose (riposo),

a ru giardine de ggiglie e de rose,

Fatte la sciònna dendre a ru liétte,

ca la Madonna t’ammanda (copre) r’ curpiétte (il corpicino)

e ru curpiétte e ru ghienche (bianco) cuscine,

Fatte la sciònna tu bièglie (bello) bambine,

Quanda t’ha fatte bièglie la Madonna!

t’ha fatte uòcchie nire e faccia tonna (tonda).

 

Felice dell’Armi