Pensieri e messaggi… autunnali (da una fotografia di Prato Gentile)

E’ sempre più frequente ed anche, se vogliamo, più malinconico che io rifletta all’impossibilità di riappropriarmi delle mie origini nel senso di risiedere di nuovo e stabilmente a Capracotta, il paese in cui sono nato e vissuto fino all’ adolescenza: per di più, in questi ultimi anni, senza neppure potervi soggiornare almeno per brevi periodi cosa che, del tutto sinceramente, non avrei mai immaginato e che mi costa moltissimo sacrificio.

Oggi, durante la celebrazione liturgica di questa assolata domenica d’AUTUNNO, la mia attenzione è stata attirata dalle parole di San Paolo nella seconda lettera a Timoteo: che sembrano davvero un bilancio  della Sua esistenza e della Sua missione in un momento in cui, umanamente, si sente solo ed abbandonato da tutti tranne che da Dio.

In fondo, sono anch’io particolarmente solo al momento attuale, oltre che in un difficilissimo periodo, ma  sarebbe quanto meno irriverente avvicinare la mia povera figura a quella di San Paolo; faccio voti, tuttavia, affinchè il Suo esempio mi aiuti a non demordere dalle quotidiane e sempre maggiori battaglie, riuscendo a consevare almeno un briciolo di FEDE; del tutto consapevole peraltro che, avanzando sempre di più nell’AUTUNNO della vita, si affievoliscono le forze fisiche e spirituali e quindi che è sempre in agguato la tentazione di “PERDERE LA SPERANZA”.

Mi sono poi tornate in mente le parole di un bellissimo articolo di don Michele Di Lorenzo pubblicato sul periodico “VORIA” nel 2008: “alzo gli occhi verso la nostra montagna e ritrovo il percorso smarrito”; era la seconda, forte sollecitazione di oggi a risollevare lo sguardo che mi è giunta, con mia stessa sorpresa, guardando e riguardando la splendida immagine che riporto: ottenuta on l’ausilio di un drone e quasi profeticamente inviatami in questi giorni da Eugenio Giuliano cui mi accomuna non solo la stessa “origine montanara”, ma anche tantissimi  altri e fraterni legami; d’altro canto non è casuale che la foto sia stata scattata dai carissimi amici Candido e Giorgio Paglione che, parimenti ispirati dall’amore per Capracotta, sono  divenuti in breve tempo dei veri “maestri” nell’arte fotografica moderna.

Essa riprende dall’alto la radura di Prato Gentile che davvero, a prima vista, farebbe pensare ad un verdissimo laghetto di montagna: circondato da una foresta di faggi dai colori autunnali, quasi un arazzo in cui si disegnano come in una ragnatela i diversi sentieri e sopratutto gli anelli della nostra, tanto preziosa, pista di Sci: così, in un attimo e sempre con lo sfondo della “nostra montagna”, sono riaffiorate tante mie emozioni infantili: tutte evocate, ne sono certo, da questa artistica fotografia che mi ha fatto letteralmente volare su Prato Gentile.

Ho rivissuto così l’occasione in cui da bambino, quando non c’era ancora la strada per Pescopennataro, ho attraversato per la prima volta quella grande radura del bosco che sentivo denominare “NETTA” senza che riuscissi a spiegarmene il motivo; ho appreso poi che il termine alludeva al fatto di essere “PRIVA di alberi” come, appunto, una radura del bosco.

Ero incredibilmente a cavallo quel giorno, essendo stato affidato al carissimo zio Antonio Carnevale e ad alcuni  fortissimi “butteri” che lo affiancavano nel faticoso trasporto della legna da ardere; di quella irripetibile esperienza ricordo pure che superai me stesso nello sforzo di non cadere in avanti nel successivo percorso su sentieri scoscesi e accidentati: ero sì spaventato ma, al tempo stesso,…toccavo il cielo con un dito riuscendo a cavalcare il più mansueto dei cavalli in quella irripetibile carovana e poi dissetandomi alla mitica “Fonte della Gallina”.

Sono tante poi le occasioni, ma non tantissime purtroppo, in cui la magia e l’incanto della neve si sono davvero materializzati per me; come quando, tanti anni fa’, ho percorso da solo con gli sci un lungo tratto della pista il cui tracciato era stato appena battuto dall’apposito mezzo cingolato; il bosco di  faggi, nel chiaroscuro del sole tra i suoi suoi grandi rami spogli sembrava  avvolgermi come in una “cattedrale” di ghiaccio: non priva, del resto, di piccole “edicole sacre” scavate nella roccia o nel tronco degli alberi ad altezza sufficiente per non farle restare  sepolte  dalla neve nei mesi invernali..

Mi sovvengono ancora le tante occasioni, stavolta primaverili ma anch’esse cariche di  suggestione e di fascino, in cui la radura di Prato Gentile mi appariva come un incredibile tappeto di fiori azzurri quasi  spuntato  dalla neve; oppure le diverse altre volte in cui sono stati gli animali selvatici ad occuparne la scena: in particolare, sempre nel periodo autunnale, il frullio indescrivibile di una “beccaccia” oppure, cosa indimenticabile per me, la comparsa di un gruppo di cinghiali.

E potrei continuare con tanti altri emozionanti ricordi come quando, appena realizzata la strada che citavo, ho raggiunto Prato Gentile con la mia nuova VESPA che pochissimi coetanei, allora, avevano il privilegio di possedere, ma ho il timore di diventare noioso: ho piuttosto il desiderio di spiegare in qualche modo a me stesso il motivo per cui una semplice, pur singolare fotografia, abbia avuto il potere di innalzare il tono del mio umore nel turbinio di così piacevoli emozioni infantili: senza nulla togliere naturalmente, per chi ha FEDE, al fondamentale ricorso alla Preghiera ed all’aiuto soprannaturale  cui ho accennato all’inizio.

Mia figlia maggiore, che è medico pediatra, mi ha poi ricordato che di molte immagini serene è stato dimostrato scientificamente il potere di modulare positivamente le aree cerebrali deputate appunto all’equilibrio ottimale dell’umore come l’amigdala o l’ippocampo: in un meraviglioso circuito di connessione con altri centri della memoria remota.

Sempre mia figlia  mi ha confidato che la sua prima impressione, di fronte alla fotografia, è stata quella di un preparato istologico di tessuto umano al microscopio: senza  tuttavia che le suggerisse un organo particolare; io mi sono spinto al di là del suo suggerimento, quasi cimentandomi in un improbabile test psicologico come quello che gli addetti ai lavori definiscono “di RORSCHACH”.

Nell’ immagine infatti, da vecchio medico, mi è parso di riconoscere la microfotografia di una cellula nervosa con le sue propaggini assonali, un NEURONE CEREBRALE cioè, della cui grande  “potenza  emozionale” è impossibile dubitare: specie accostandola idealmente alla fotografia quanto mai suggestiva ed incredibilmente simile, nel mio test, alla radura di Prato Gentile.

La mia non è certo, né potrebbe esserlo, una attendibile spiegazione scientifica del mio inatteso beneficio sull’umore, ma ho la presunzione di sperare che convincerà comunque gli “Amici di Capracotta” sparpagliati nel mondo e che sono forse un po’  sconfortati ed oppressi: specie quelli che come me, nell’AUTUNNO della vita non possono fare altro che affidarsi al “drone della fantasia” per volare, come una poiana, nell’azzurro di Monte Campo e di Prato Gentile.

Del resto è a tutti nota la saggezza del proverbio che recita: “AIUTATI, CHE DIO TI AIUTA”: peccato che forse, troppo spesso, sono io a dimenticarlo per primo!

Aldo Trotta