Le prime immagini del film “Il caso Pantani” del capracottese Domenico Ciolfi

Sono state svelate mercoledì scorso in diretta sulla pagina facebook e sul canale youtube della “Granfondo Via del Sale” le prime immagini del film d’inchiesta “Il caso Pantani” del regista di origini capracottesi Domenico Ciolfi nella puntata “Marco: l’uomo, il campione, il mito” interamente dedicata al popolare ciclista romagnolo trovato misteriosamente morto la sera del 14 febbraio nel residence “Le Rose” a Rimini.

Il giornalista Stefano Bertolotti ha dialogato per oltre due ore con i suoi ospiti: il regista Ciolfi; il giornalista di Rai Sport Beppe Conti, il patron del Fantini Club di Cervia, Claudio Fantini; i compagni di squadra di Pantani, Roberto Conti e Marco Velo; Moreno Lotti, detto “Jumbo”, grande amico di Pantani; il giornalista de “La Gazzetta dello Sport” Francesco Ceniti; l’attore Francesco Pannofino e il direttore tecnico della Nazionale italiana di Ciclismo, Davide Cassani.

«È un lavoro che parte dal 2014- ha spiegato Domenico Ciolfi-. Ci ha preso molto tempo perché abbiamo fatto anche un lavoro di ricerca per definire un pochino la personalità di Marco attraverso chi l’aveva conosciuto, tutti i loro racconti, le testimonianze e poi perché è anche un film che va a scavare un po’ su quanto è accaduto a Madonna di Campiglio e a Rimini».

Nel film, Marco Pantani è interpretato da tre diversi attori: Marco Palvetti, Brenno Placido e Fabrizio Langione. «Il film racconta prevalentemente gli ultimi cinque sei anni della vita di Marco-ha aggiunto Domenico-. Sono degli anni dove ovviamente lui è cambiato molto, anche a livello psicologico ha avuto dei momenti molto differenti: finché era il campione a Madonna di Campiglio, poi dopo quello che è successo c’è stato un po’ l’esilio a Cesenatico, i tentativi di tornare e poi gli ultimi giorni a Rimini estremamente drammatici. Per sottolineare questo cambio psicologico nella vita di Marco abbiamo scelto tre attori diversi perché sono tre momenti diversi in qualche modo della sua vita».

Il film è stato girato in larga parte nella terra di origine del ciclista, in Romagna, e in particolare tra Cesenatico, Rimini e Faenza ascoltando i ragazzi che correvano con lui, gli amici a Cesenatico e la famiglia.

«Abbiamo fatto un’inchiesta che va a scavare- ha proseguito il regista-, un’investigazione. Il film contiene molti aspetti nuovi delle vicende legate a Marco sia su Campiglio che su Rimini: tutte cose che abbiamo scoperto proprio investigando fino veramente a pochi giorni prima della chiusura del montaggio. Perché è anche un fil estremamente drammatico perché va a scavare la vita della persona. Il nostro intento principale era di raccontare l’uomo dietro al campione. Siamo tutti abituati a vedere Marco campione, vincitore, le immagini televisive che conosciamo e le sue meravigliose imprese. Però, c’è una persona dietro al campione che sicuramente ha sofferto in quegli anni con le sue gioe, i suoi dolori. Poi, c’è anche il fatto che io sono milanese e vivo da qualche anno in Romagna, ormai da un bel po’ d’anni, quasi vent’anni, per cui era anche un tentativo, come dire, un omaggio alla Romagna in qualche modo: Marco Pantani è stato un campione molto importante per questa terra, un po’ dimenticato purtroppo in un certo periodo  per le note vicissitudini anche legate ai suoi fatti personali. Mi fa piacere che finalmente si possa tentare di restituirgli la dignità che, in qualche modo, gli è stata un po’ rubata in quegli anni».

La trasmissione è poi proseguita sugli aneddoti, sulle vicende sportive e sull’intera vicenda umana degli ultimi anni del “Pirata”. «Marco Pantani- ha precisato- è morto in una situazione drammatica mai voluta spiegare davvero con già un’evidenza al momento della morte abbastanza chiara dove nessuno ha poi approfondito. Il lavoro che abbiamo fatto è stato proprio di rimettere in fila tutto quanto, andare a investigare su tutti gli spunti che c’erano, che nessuno aveva seguito e abbiamo seguito anche il lavoro che aveva fatto, per la famiglia, Antonio De Renzis, l’avvocato di cui in qualche modo Francesco Pannofino ripercorre il lavoro, il lavoro importante di Francesco Ceniti, di Davide De Zan: tutti giornalisti e avvocati che hanno cercato di ricostruire quanto era successo.  Qui non è un problema di complotto, qui il problema è dare dignità alla persona. Quando avevo sentito la notizia che era morto Marco Pantani, la notizia era nel racconto cinematografico della fine dei miti perfetta: il più grande corridore italiano, che alla fine si scopre che si dopava, poi è morto giustamente perché è diventato un tossicodipendente. Questo è stato il racconto che è uscito da questa vicenda. Questo racconto è falso. Lo diciamo immediatamente. E non va bene né per Marco Pantani né per nessuno. Il lavoro che ha fatto Tonino in questi anni di cercare la verità è un lavoro che fa una madre rispetto all’identità del figlio, alla sua dignità. Allora, questa cosa qui, secondo me, anche in un ricordo di Pantani che non debba essere soltanto le vicende giudiziarie ma per la sua immagine migliore, che è campione, quell’uomo che ha trascinato le folle, veramente portato la gente a innamorarsi del ciclismo, delle gare, è giusto che le persone vengano riconosciute per le loro qualità e che i dubbi vengano sfatati completamente. Dunque, l’idea del film è nata da questo: andare a vedere a che punto eravamo e che cosa non quadrava e cercare di restituire l’immagine di Marco della persona vera. Poi, ognuno si farà la sua idea».

Il film “Il caso Pantani” di Domenico Ciolfi uscirà nelle sale cinematografiche a ottobre distribuito dalla “Mr.Akadin Film”.