Dalla Guinea Bissau al Molise: Ermanno D’Andrea racconta…

Ermanno D'Andrea maestro della meccanica 2018

Ermanno D’Andrea maestro della meccanica 2018

Alla metà degli anni ’80 risiedevo a Saronno, avevo 40 anni e fino a quel tempo, avendo amici e conoscenze al di fuori della città, non partecipavo alla vita sociale del luogo.

Ma da quando i miei figli iniziarono a frequentare le scuole e l’oratorio, cominciai anch’io a conoscere i miei concittadini.

Feci tante amicizie con i genitori dei compagni dei miei figli e poco alla volta cominciai a partecipare a diverse iniziative che animavano lo spirito della comunità.

Si creò un grande rapporto di stima vicendevole e per due anni Don Paolo Zago, il coaudiuvatore della chiesa, mi incaricò di allestire i presepi che furono spettacolari: il primo sotto una volta stellata di grande diametro e il secondo, con i personaggi a grandezza naturale, fu situato su una superficie di circa 400 mq; purtroppo di questi allestimenti non furono scattate fotografie e non esiste documentazione iconografica che ne possa rendere l’idea.

Don Paolo mi diede altri incarichi, fino a quando un giorno mi portarono a selezionare una montagna di farmaci che erano stati raccolti per inviarli in Africa; alla fine della cernita ne rimasero pochi e in massima parte vicini alla scadenza.

Mi vergognai nel profondo e mi chiesi se questo era l’aiuto effettivo che il ricco Occidente potesse dare ai paesi del Terzo Mondo.

Mi misi subito in moto; chiamai a raccolta gli amici più disposti e sensibili e insieme cominciammo a ragionare su che tipo di intervento potessimo mettere in opera.

Pensammo alla sanità, all’agricoltura, a diversi tipi di attività produttive, ma poi concordammo che bisognava intervenire sulla povertà più grande e definitiva, foriera di tutte le altre povertà: l’ignoranza…e allora progettammo di costruire delle scuole.

Andai a trovare un vecchio missionario al quale chiesi su quale paese potessimo orientare la nostra iniziativa. Mi consigliò, tra i tanti che ne avevano bisogno, la Guinea Bissau e mi diede un paio di numeri telefonici da contattare in quel Paese per me fino ad allora sconosciuto.

Non avevo nessuna esperienza del Terzo e Quarto Mondo e non avevo idea di come fosse complicato stabilire una comunicazione telefonica con la Guinea Bissau; dopo tante telefonate a vuoto, mi rispose una suora alla quale mi venne da chiedere: “cosa vi serve?” mi rispose che dovevamo solo pregare. Alla comunicazione tele­fonica successiva che riuscii a stabilire con successo rispose un padre che mi disse che erano sprovvisti di tutto.

Non ricavai nessun contributo da questi contatti per mettere a punto il nostro piano d’intervento umanitario; cominciai allora a frequentare la sede del P.I.M.E. (Pontificio Istituto Missioni Estere) a Milano e lì riuscii a reperire informazioni più precise.

Per più di un anno frequentai l’Istituto senza concludere granché. Finalmente un giorno, mentre ero a colloquio con un impiegato del P.I.M.E., mi disse che proprio in quel momento era giunto a Milano da Bissau un certo Padre Dionisio.

Subito lo incontrai e dopo circa un’ora di colloquio capii che era la persona giusta per mettere in cantiere progetti seri e concreti.

Fu un incontro casual e importantissimo e fu il primo mattone per mettere solide basi a quello che avremmo fatto.

Padre Dionisio rimase un mese a Milano; lo portai più volte a Saronno a fargli conoscere i miei primi collaboratori: Adamo Ceriani, Massimo Cattaneo, Piercesare Codarri, Angelo Colmegna e anche Padre Dionisio concordò che l’istruzione sarebbe dovuto essere il nostro primo intervento in Guinea.

Nello stesso anno conobbi anche il vescovo di Bissau che era venuto a Verona, Monsignor Arturo Ferrazzetta, persona umile, alla mano e molto attiva.

Il secondo mattone quindi, si inserì al posto giusto.

Sia Padre Dionisio che Monsignor Ferrazzetta avevano già esperienza di scuole, in quanto anni prima avevano realizzato un piccolo liceo.

Su queste premesse, iniziammo subito a parlare di un importante ampliamento di questa struttura già edificata e a studiare la conformazione dei padiglioni delle aule, dei saloni, dei bagni, l’orientamento nord-sud per il problema della ventilazione e tanti altri dettagli.

Finalmente, dopo un anno di scambi di notizie, anche a distanza, il nostro intervento vide la luce. Nel frattempo avevo anche coinvolto i miei amici del cuore, Vincenzino Di Nardo, Don Ninotto Di Lorenzo e Don Alberto Conti, che tanto hanno collaborato al nostro progetto.

Avevo anche bisogno di costituire un soggetto associativo che avesse in carico la parte burocratica della nostra iniziativa.

Riuscii ad avere un incontro con Don Verzè, il fondatore dell’ospedale San Raffaele, al quale chiesi come potessimo organizzarci dal punto di vista associativo per gestire le procedure della nostra attività, ma dopo circa un mese non seppe darmi una risposta soddisfacente. Mi rimisi in moto ed ebbi la fortuna di incontrare un altro prete, Don Cesare Volontè, Presidente dell’associazione VISPE (Volontari Italiani Solidarietà con i Paesi Emergenti), il quale dopo due o tre approfonditi incontri di dettaglio sull’entità e le prospettive della nostra iniziativa, ci permise di utilizzare la sua Organizzazione Non Governativa per la gestione del nostro progetto.

Aprii allora il VISPE Saronno e con tutti I titoli che questa associazione mi dava, potei iniziare ad operare.

Sarebbe troppo lungo, complicato e in qualche modo fuorviante raccontare della fase di gestazione del progetto; degli incontri (quelli proficui e quelli vacui), dei viaggi, delle ipotesi elaborate faticosamente e poi messe da parte, degli scoppi d’entusiasmo e dei momenti di scoramento.

Di giorno ero impegnato in azienda ma la sera, I sabati e le domeniche, erano tutti per la Guinea.

Era il 1990 e finalmente, reperito il materiale necessario, a due anni dal primo incontro con Padre Dionisio, partirono i primi sette container per la Guinea; solo il costo del trasporto si aggirò intorno agli 80 milioni di lire.

Con i materiali da costruzione partirono anche Massimo Cattaneo e Piercesare Codarri e dopo alcuni mesi andai anch’io con Adamo Ceriani, per rendermi conto di persona di come s’erano avviati i lavori.

Padre Dionisio, il Vescovo, gli studenti, i professori e tanta parte della popolazione ci riservarono un’accoglienza strepitosa: spettacoli, balli, ricevimenti e tanto calore umano.

Nello stesso anno, a benedire l’inizio dei lavori, partì la fiaccolata Capracotta-Rieti- Saronno, nel corso della quale più di cento giovani si alternarono senza sosta, per tre giorni e tre notti, percorrendo la distanza di 825 km. Il caro don Alberto aprì le offerte con la strabiliante cifra di 40 milioni di Lire.

L’anno dopo tornai con Don Ninotto Di Lorenzo, Vicenzino Di Nardo, Massimo e Piercesare. Chiesi ed ottenni che non ci facessero tutte quelle feste che ci avevano accolto per la nostra prima visita e che mi mettevano in imbarazzo; il calore umano fu grande, pari a quello che ci aveva scaldato nel viaggio precedente.

Una settimana con gli amici di sempre durante il quale prendemmo visione dettagliata della situazione e mi resi conto di come erano importanti le figure di Padre Dioniso e del Vescovo Ferrazzetta.

Così, mentre gli ultimi blocchi del Liceo erano in via di finitura, demmo inizio alla progettazione del centro culturale di Fatima che fu il nostro secondo intervento scolastico, seguito, negli anni, da tante altre scuole e ulteriori iniziative.

Ermanno D’Andrea