Ricordando “la canzone dello spazzaneve”

Una foto (colorata) dell’arrivo dello spazzaneve a Capracotta. Il bambino in basso a destra è l’autore del testo, Aldo Trotta.

Dopo aver raccontato nella mia “Favola dello Spartineve”, del suo storico arrivo a Capracotta il 16 gennaio 1950, mi restava il rammarico di aver dimenticato non solo le parole di saluto che rivolsi alla consorte dell’ambasciatore americano, ma anche e soprattutto quelle della canzone appositamente composta dal compianto don Gennaro Di Nucci; perciò è stato bellissimo per me ritrovare e rileggere i versi di quest’ultima ricordando che, nel 2011, avevo scritto testualmente:

 “…un coro già intonava la famosa canzone dello spazzaneve e vedevo che “molti …si asciugavano gli occhi facendo finta che fosse per le strane gocce di pioggia gelata che cadevano quel giorno”.

In quel lontanissimo periodo io avevo solo 7 anni, ma non mi vergogno di confessare che anche oggi i miei occhi si sono inumiditi per la commozione: di cui certamente non saranno sorpresi gli amici e i compaesani che appartengono alla mia stessa, ormai venerabile fascia di età.

È stato spontaneo infatti, riflettere a quella, importante occasione che ha contribuito in modo decisivo al mio incredibile legame con il mio caro paese di nascita; mi sono maggiormente convinto, infatti, che il livello di apertura mentale e di civiltà di Capracotta sia stato ottenuto soprattutto grazie allo straordinario, pur faticoso “curriculum di emigranti”, dignitosamente conquistato nel mondo dai suoi cittadini e così ben rappresentato nel volume intitolato “A la Mèreca”.

A tale proposito, sia pure immeritatamente, mi ha fatto immenso piacere che quel mio vecchio raccontino sia stato parzialmente riportato nel recentissimo volume della Sig.ra Letizia Sinisi dedicato al “turismo delle radici”: io stesso non pensavo che restassero così forti le motivazioni culturali ed affettive degli emigranti e dei loro discendenti nella riscoperta delle proprie origini.

Del resto era parso davvero sorprendente che la solidarietà ed il legame tra i popoli, pur così mirabilmente simboleggiati nello storico dono dello spartineve, avessero potuto incidere così profondamente nella memoria e nella sensibilità di un bambino così piccolo come ero io nel 1950.

Mi piace perciò ricordare che nel 2011 io mi esprimevo con queste parole:

“mai il suono delle sue trombe ci è sembrato così somigliante

a quello di un antico piroscafo di emigranti (da Capracotta)”.

Tornando al momento attuale, quasi avessi idealmente incontrato il compianto don Gennaro Di Nucci, ripensavo al semplicissimo testo della sua “Canzone dello spazzaneve” e mi pareva di riascoltare anche la sua splendida melodia:

Chemmuò stà festa, ste rumòre ?:

è arrevieàte re Spazzanève.

Madonna méa quànda ferastiére

e ru signòr  Ambasciatòre

*Vola canzòne mea, vola lundàne

miés’a stu ciéle sènza fine.

Vacia chi à fatte stù rieàle

Vaciale tu séra e matìna

Com’è bieglie re Spazzaneve,

tùtte lecènde e re motore

che re vòmere

a tùtte l’ore scascia e sfonna tèrra e nève

*Vola canzone…

Sciòcca, svuréja, jéle’l mieàne,

nù nen teneme chiù paura

che scié bendìtte a tùtte l’ore

re paisieàne e r’americhieàne

*Vola canzone…

 

 Assorto nella mia riflessione, preferirei ora restarmene in silenzio a gustare la poesia di questi splendidi versi in dialetto e della loro disarmante ingenuità, ma sono certo che nessuno me ne vorrà se provo a tradurli in italiano per non dimenticarli mai più:

Perché oggi tanta festa e tanto rumore?

è arrivato lo Spazzaneve

Madonna mia, quante persone sono arrivate da lontano

e, con esse, persino il Sig. Ambasciatore

*Vola, canzone mia, vola lontano in questo cielo infinito;

bacia tu, a nome di tutti noi, chi ci ha voluto

 fare questo grande regalo:

baciali sempre tu, la sera e la mattina

Come è bello questo spazzaneve, tutto lucido e rombante

nel suo grande vomere in attesa di mostrarci

tutta la sua potenza sfondando i muri di neve

 che, così spesso, ci imprigionano

*Vola canzone mia…

Nevica forte mentre il vento (la “voria”)

sembra ruggire nella tormenta,

le nostre mani quasi si congelano,

ma non abbiamo più paura;

che il Signore benedica sempre i nostri compaesani

e gli amici americani che ce lo hanno donato

A questo punto mi è parso che le parole del caro don Gennaro richiamassero incredibilmente quelle famosissime di Domenico Modugno; così, mentre la canzone dello spazzaneve vola di nuovo lontano, nel cielo infinito, mi sorprendo a ripetere anch’io:

“Vola canzone mea, vola lundàne,

miés’a stu  ciéle sènza fine”

Vacia chi à fatte stù rieàle

Vaciale tu séra e matìna

 Anche dopo tanti anni infatti, è doveroso rinnovare il nostro “grazie” più riconoscente alle numerose persone, concittadini e non, che si erano prodigate per acquistare e per farci arrivare quel meraviglioso “regalo”: a cominciare da Frank Sinatra, tanto per restare in tema di celebri cantanti del passato.

 Avviandomi alla conclusione, mi preme aggiungere di aver appreso che, prima della guerra, Capracotta disponeva di un  piccolo, vecchio trattore adattato alla meglio a spartineve ed io stesso ricordo che il suo vomere, divenuto nel tempo un giocattolo “sui generis” per noi bambini, era stato lasciato nei pressi del serbatoio comunale dell’acqua: in “cima alle Croci” per intenderci; tutto il resto di questo antico mezzo, assolutamente inadeguato alla neve di Capracotta, era stato requisito per esigenze belliche e magari riciclato, speriamo di no!,  per costruire delle armi.

Mi auguro perciò di vero cuore che tutti e specialmente i più giovani, riscoprendolo con me, riflettano ancora una volta al prezioso messaggio di Pace e di Speranza racchiuso in quel “regalo” dello spazzaneve: facendo voti, naturalmente, affinché le nuove e minacciose nubi di guerra che abbiamo visto addensarsi di recente, si dissolvano al più presto in tutto il nostro pianeta

 

Aldo Trotta