Leo Conti, dopo aver ricevuto le necessarie istruzioni da Armond Gaito, fu il primo autista dello spartineve Clipper a Capracotta, ricoprendo il ruolo di custode con grande dedizione per diversi anni. Il secondo autista, invece, era Romeo Giuliano, mentre Giuseppe Carugno rappresentava il meccanico di fiducia. Inizialmente, lo spartineve veniva parcheggiato all’inizio di via Monte Capraro (foto in alto, ndr).
Nell’estate del 1950, mio padre mi portò a visitare lo spartineve, e quando salii a bordo, due cose mi colpirono immediatamente:
- il sistema di riscaldamento in cabina;
- le otto leve sistemate tra i due sedili.
Mio padre mi spiegò che le prime due leve, a destra, servivano ad azionare e regolare l’ala destra: una per alzarla e l’altra per allargarla. Altre tre leve erano destinate a scaricare i materiali sul lato destro, dietro e a sinistra, mentre un’ulteriore leva consentiva di alzare o abbassare il vomero. Infine, due leve gestivano l’ala di sinistra.
Lo spazzaneve era in grado di aprire una strada larga circa 8 metri, anche in presenza di un metro di neve, viaggiando a una velocità di 80 km/h. Al momento della mia visita, il cassone era già stato coperto dagli artigiani del paese. Esso possedeva una porta con scaletta e un carico di ghiaia per bilanciare il vomero, che pesava 30 quintali; all’interno, era presente anche una stufa a legna con un comignolo, circondata da panche per gli operai che accompagnavano lo spazzaneve e per eventuali passeggeri.
Non ricordo se l’incidente avvenne nell’autunno del ’50 o del ’51, ma fu senza dubbio il primo. Gli autisti si resero conto che le ali non erano mai state montate per la larghezza della strada, e che la neve ricadeva immediatamente ai lati del vomero. Decisero quindi di aggiungere due mezze ali piccole e fisse al vomero.
Tra coloro che parteciparono a questa modifica c’erano, come detto, Leo Conti, Romeo Giuliano, Giuseppe Carugno e altri artigiani, il cui nome non mi è noto.
Lavorarono duramente per diversi giorni, e un giorno, in visita per controllare i lavori, si unì a loro anche il maresciallo Raffaele Conti.
Il clima era rigido e avevano chiuso il portone del garage; per riscaldarsi, accesero il motore dello spartineve senza considerare l’assenza di ventilazione e gli effetti nocivi dell’ossido di carbonio. Dopo pochi minuti, tutti si addormentarono, incluso il maresciallo. Tuttavia, grazie alla sua robustezza e alla consapevolezza del pericolo, riuscì a ritrovare le forze per aprire il garage e portare fuori gli altri.
Così, l’eco di questo episodio, un mix di ingegno e avventura, rimase un ricordo nascosto, raccontato solo in seguito da mio padre.
Questo episodio rimase sepolto nel silenzio, e mio padre mi raccontò la vicenda solo molto tempo dopo.
Costantino Giuliano
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