Mio nonno Sebastiano e un’amicizia che sfida il tempo

Sebastiano Del Castello con la moglie Bambina Venditti

Non ho mai conosciuto mio nonno, Sebastiano Del Castello. Quando ci ha lasciati, nel 1976, io non ero ancora nata. Eppure, la sua storia mi accompagna da sempre come un filo invisibile che ci lega alla nostra terra d’origine, Capracotta, e a quei valori che lui ha incarnato per tutta la sua vita.

Mio nonno nacque il 1° gennaio del 1900, nel cuore dell’Appennino molisano. A Capracotta, la vita non era facile: c’era da lavorare, da sacrificarsi, da condividere tutto con la famiglia. L’istruzione era un privilegio per pochi, e mio nonno, come tanti altri, crebbe tra i pascoli, lontano dai libri e dalle parole scritte. Ma proprio quei pascoli lo portarono lontano, lungo i tratturi che collegavano il Molise alla Puglia, fino alla masseria di don Agostino Conti a Stringeto, nei pressi di Manfredonia.

Fu lì che il destino gli fece incontrare un altro capracottese, Sebastiano Giuliano, detto Cianuccə də Giacobbə (foto a destra, ndr). I due condividevano lo stesso nome, scelto dai rispettivi genitori per devozione a San Sebastiano, patrono di Capracotta. Ma presto scoprirono di condividere molto di più: un legame profondo fatto di fiducia, rispetto e solidarietà. Sebastiano Giuliano, che allora era il massaro della masseria, decise di insegnare a mio nonno a leggere e scrivere. Nonostante le lunghe giornate trascorse tra pecore e capre, mio nonno trovava la forza di trascorrere le serate a esercitarsi su quelle lettere e parole che il suo improvvisato maestro scriveva apposta per lui. Con pazienza e determinazione, non solo imparò a leggere e scrivere ma finì per padroneggiare una grafia identica a quella del suo insegnante.

Quegli insegnamenti cambiarono per sempre la vita di mio nonno. Grazie a quelle nuove abilità, divenne un collaboratore fidato del massaro, tanto che, in sua assenza, era lui a firmare documenti e a gestire compiti di responsabilità. Ma, nonostante questi traguardi, mio nonno rimase sempre lo stesso: un uomo semplice, dedito al lavoro e alla famiglia.

Sposò Bambina Venditti, la mia adorata nonna, e insieme ebbero tre figlie: Lucia, Clotilde e Giuseppa, che sono state le custodi delle sue memorie. Nel 1970, il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat gli conferì l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine di Vittorio Veneto, un riconoscimento che mio nonno accettò con l’umiltà che lo contraddistingueva, continuando a fare il pastore fino al suo ultimo giorno.

Ma la sua storia, e il legame con Sebastiano Giuliano, non si sono mai esauriti con la loro scomparsa. Oggi, quel legame vive ancora tra i discendenti, che, nonostante siano sparsi tra Napoli e Roma, si ritrovano ogni anno a Capracotta, uniti da un senso di appartenenza che il tempo e le distanze non hanno mai scalfito.

Mio nonno era un uomo semplice e di poche parole ma la sua vita racconta valori grandi: l’amicizia, la solidarietà, l’amore per la propria terra, la forza della comunità e la caparbietà che da sempre contraddistingue il popolo Capracottese.

Guglielmina Iannacchione