Sebastiano Di Rienzo e il suo maestro Giovanni Borrelli
Capracotta, oltre a essere celebre per le abbondanti nevicate, è famosa anche per l’eccezionale numero di sarti che vi sono nati. Tanto che un vecchio detto paesano recita: “si seminano patate e si raccolgono sarti!”. Nel corso del Novecento, oltre mille capracottesi, tra sarte e sarti, hanno iniziato il loro apprendistato in paese, per poi perfezionarsi altrove e farsi apprezzare in Italia e nel mondo.
Dopo anni di duro lavoro, questi artigiani sono riusciti a diffondere la loro arte ovunque, testimoniando una professione che, pur severa, è affascinante e ricca di passione, impegno, sacrifici e rinunce. La loro creatività e il talento personale li hanno resi ambasciatori di un mestiere che affonda le sue radici in tradizione e innovazione.
Capracotta vanta anche un primato unico in Italia: è l’unico comune ad aver dato i natali a ben due Presidenti dell’Accademia Nazionale dei Sartori. Si tratta di Ciro Giuliano, che ricoprì la carica dal 1952 al 1977, e Sebastiano Di Rienzo, che ne fu Presidente prima dal 2000 al 2003 e poi dal 2013 al 2016.
Nel luglio del 2015, Sebastiano Di Rienzo inaugurò il suo Museo dell’Abito in Via Risorgimento 74, un luogo che espone, a rotazione, le sue creazioni realizzate nel corso di una lunga carriera. Il museo, che raccoglie oltre 700 modelli, racconta la sua esperienza che iniziò a 19 anni nella maison di Valentino Garavani, e conserva inoltre materiali storici utilizzati nel mondo della sartoria tradizionale e della moda, coprendo ogni settore.
Sebastiano, nato nel 1940 e Cavaliere del Lavoro, non solo ha avviato oltre mille giovani alla professione, ma ha anche insegnato all’Istituto Europeo di Design ed è autore di numerose pubblicazioni sul mondo della moda. Inoltre, pochi sanno che da anni insegna gratuitamente i primi rudimenti del mestiere ai giovani reclusi di Rebibbia, offrendo loro un’opportunità di reinserimento sociale. Questo gesto di alta carità cristiana è il suo modo di ringraziare la vita per ciò che gli ha donato.
Paolo Trotta