Polacchi a Capracotta: il coraggio della pattuglia “Tadzio” nelle operazioni militari sul fiume Sangro

Il Generale Anders premia alcuni militari del 15° Reggimento dei Lancieri di Poznań a Capracotta

Le azioni svolte dai due plotoni sono riportate nei due rapporti separati, uno steso dal capitano Zieliński e l’altro del tenente Wojciechowicz, dai quali si evincono dei momenti drammatici vissuti dai due plotoni quando, a causa delle difficoltà nella comunicazione radio e il danneggiamento del radiotrasmettitore, il contatto tra i plotoni distanti l’uno dall’altro e il coordinamento dell’azione si rese impossibile. Grazie al minuzioso rapporto del tenente Wojciechowicz, registrato nel diario del Reggimento, si può ricostruire l’andamento dei fatti.

Attrezzata con le armi necessarie, una stazione radio e un lanciarazzi, la pattuglia partì alle 20.15 verso il monte 1681, programmando il rientro per le ore 01.50 della stessa notte sullo stesso percorso di andata: Casale Pollice, colle 1352 H 155665, il versante sud del colle 1681.

Nel rapporto si legge:

“Dopo la partenza dal Casale Pollice, siamo arrivati senza intoppi e senza doverci fermare ai piedi del monte 1681 dove ho ordinato un riposo di 5 minuti sul margine del bosco, nella neve profonda. Faceva molto buio, la cima del monte era quasi invisibile. Durante la pausa ho impartito gli ordini per il proseguimento della marcia in salita. Ho disposto i gruppi in modo seguente: il caporale Januszek e 3 lancieri, più la guida italiana, si muoveranno sul pendio dalla parte meridionale del colle; il caporale Lizuraj  e 4 lancieri a destra del caporale Januszonek e più in basso di dieci passi; il caporale Machula e 1 lanciere a sinistra del caporale Januszonek; dietro al caporale Januszonek, all’altezza dei caporali Machala e Lizuraj marciavo io con il capo del plotone, con l’addetto all’artiglieria, l’operatore  radio  e  un infermiere. Dietro di me, a distanza di dieci passi avanzava, disposta in linea, la squadra del sergente Wróblewski con il compito di coprirci da dietro.

Il versante da affrontare diventò all’improvviso molto ripido con la neve sempre più profonda, così ogni 100 passi ero costretto a fare un riposo di 5 minuti. Più diventava alto il pendio, più esso si restringeva, la neve sempre più profonda arrivava ormai alle corone degli alberi, avanzavamo dovendo spostare i rami degli alberi il che rendeva difficile la marcia e causava molto rumore perché i rami erano fragili e si spezzavano facilmente. Proseguivamo in questo modo fino al momento in cui il caporale Januszonek mi ha fatto sapere di essere giunto ad una parete rocciosa verticale e spoglia e che non c’era più modo di avanzare. Mi sono assicurato la copertura sui lati e, dopo avere lasciato tutto il plotone 25 metri dietro di me, mi sono arrampicato all’altezza del caporale Januszonek.

Dopo la ricognizione della roccia, ho deciso di arrampicarmi da solo insieme al caporale Januszonek, lasciando il resto della pattuglia sotto il comando del caporalmaggiore Sowa (il capo del plotone). Appoggiandosi agli alberi che crescevano a ridosso della roccia, il primo ad arrampicarsi è stata la guida e dopo di lui, insieme a me, i ricognitori frontali. Dopo che siamo riusciti ad arrivare in cima alla roccia, per cinque minuti siamo rimasti sdraiati per terra in silenzioso riposo, successivamente ho fatto avanzare il caporale Januszonek 10 passi in avanti. Il caporale, dopo avere fatto 8 passi, si è fermato comunicandomi che in cima alla roccia la neve appariva molto calpestata. Gli ho ordinato di fermarsi, ho tirato su una mitragliatrice e la squadra del caporale Lizuraj. Quando la squadra si è posizionata sulle postazioni, mi sono spinto insieme al gruppo del caporale Januszonek per circa 15 passi in avanti dove ho trovato un mucchio di oggetti vari. Dopo averli esaminati, si è capito che erano dei portapane, zaini, elmi tedeschi, maschere antigas e il cibo avvolto in un pezzo di tela impermeabile.

In un primo momento ho avuto l’impressione che anche i tedeschi si trovassero proprio lì, ma essendosi accorti dei nostri movimenti si sarebbero ritirati. Da questo mucchio di oggetti partiva un sentiero indurito dal calpestio dei piedi che conduceva in direzione del versante opposto 1681. Mi sono coperto le spalle dalla parte del sentiero e ho tirato il resto del plotone sulla roccia. Ho dispiegato la squadra del caporalmaggiore Wróblewski sul margine sinistro del monte, ho raccomandato al caporale Lizuraj di avanzare lungo il lato destro della roccia, mentre io stesso ho fatto ancora tre passi in avanti e mi sono imbattuto in una cavità. Ho fermato tutta l’azione, ho acceso la torcia e ho scorto tra le rocce un rifugio coperto con ramoscelli e la neve, con una coperta appesa all’entrata per coprirla. Ho fatto subito posizionare il caporale Januszonek con il mitra Thompson di fianco all’entrata del rifugio, dopodichè ho chiamato il caporale Machula e un lanciere e ho ordinato di coprirmi nella direzione del sentiero con il restante gruppo di Januszonek. Sul fianco sinistro mi copriva il caporalmaggiore  Wróblewski. Poi ho richiamato dal lato destro il caporale Januszonek e il lanciere superiore Marszałek. Ho posizionato il caporale Lizuraj di fianco al caporale Januszonek, mentre io e il lanciere superiore Marszałek siamo saliti sul tetto del rifuggio.

Facendo luce con la torcia, ho detto al  lanciere superiore Marszałek di strappare via la coperta appesa all’entrata del rifugio. Lo strappo, riuscito a metà e non senza fare rumore, ha scoperto una fessura sufficiente per dare un’occhiata all’interno. Quando la luce è penetrata all’interno, ho scorto cinque figure dormienti. Nel sentire il rumore dello strappo della coperta, il primo dormiente si è svegliato e ha scoperto la testa. La luce della torcia lo ha accecato, allora si è coperto il viso con la mano. Gli altri dormivano con la testa infilata sotto le coperte. In quel momento ho ordinato al cap. Januszonek, al cap. Lizuraj e al lanciere superiore Marszałek di entrare dentro il rifugio. Quello che si è svegliato per primo, quando ha visto le canne delle Thompson, fa infilato subito la testa sotto la coperta. Ho detto al cap. Lizuraj di dargli un colpo con un bastone. Il colpo del bastone lo fece gemere e rotolarsi sotto i piedi del cap. Januszonek. In quell’istante un altro dei dormienti è balzato di scatto e si è gettato contro il cap. Lizuraj, afferrando con la mano sinistra la canna della Thompson e cercando contemporaneamente con la mano destra di tirare fuori la rivoltella. Il cap. Lizuraj ha sparato, ma la serie è andata contro la parete, a quel punto il cap. Januszonek con una serie ha freddato il tedesco. Mentre il cap. Januszonek stava sparando, il primo dei dormienti che giaceva ai suoi piedi ha afferrato la canna della Thompson, ma il cap. Lizuraj che stava di fianco al cap. Januszonek ha tirato una serie di colpi contro il tedesco. Il terzo tedesco non si alzava, ma cervava di togliere la sicura di una granata, l’ho illuminato con la torcia e ho gridato “fuoco!”. Il lanciere superiore Marszałek ha sparato, uccidendo il terzo tedesco e ferendo a morte il quarto. A quel punto è balzato in piedi il quinto tedesco, vestito con un montone. Ho gridato in tedesco “mani in alto”, egli ha alzato la mano sinistra, cercando di infilare la mano destra nella tasca dei pantaloni. Ho gridato più forte “mani più in alto”, allora ha alzato l’altra mano. Poi ho dato l’ordine: “Prendere vivo quello vestito con il montone!”. Il cap. Lizuraj e il cap. Januszonek si sono avvicinati per prenderlo, ma in quel momento la guida italiana ha fatto irruzione nel rifugio e, sparando con una Thompson, ha ucciso all’istante anche il quinto tedesco, quello con il montone addosso.

A quel punto ho lasciato sulla scena un lanciere e l’italiano che ha sparato, per raccogliere i documenti e le mostrine degli uccisi, perquisire il rifugio e portare via le armi.

Successivamente ho mandato il cap. Januszonek e 4 lancieri in ricognizione del versante opposto e fare un’appostazione di vigilanza. Io stesso ho raggiunto la stazione radio per allacciare la comunicazione con il comandante dello squadrone. Ci siamo resi conto che, nell’arrampicarsi sulla roccia, l’operatore radio era caduto, rompendo l’antenna e danneggiando il trasmettitore. Erano le 23:10. Mentre l’operatore stava cercando di riparare la radio, io mi sono protetto un po’ meglio e restavo in attesa. Passati 20 minuti, tutto il colle 1681 è stato illuminato con un fascio di luce di un potente riflettore, proveniente dalla parte del sentiero e, a 30 mt dal colle, è caduto un proiettile di un mortaio di 3 pollici. Dopo due minuti, il riflettore si è spento. Ho aspettato ancora 40 minuti. L’operatore radio ha comunicato che la radio era guasta, ho deciso quindi di fare dietrofront. Ho raccolto i documenti, 1 pistola mitragliatrice Schmeiser, ho smontato la mitragliatrice Spandau svitando la canna e togliendo l’otturatore, 1 fucile automatico, 4 fucili e una maschera antigas.

Alle ore 00:10 del giorno 15.IV.1944 ho lasciato il colle 1681. Quando ho raggiunto il colle 1652 (probabilmente si tratta di un errore nell’altitudine inquanto non esiste un colle di questa altezza sulle mappe dell’epoca), ho sparato un razzo rosso per dare il segnale al comandante che stavo facendo dietrofront. Dopo un istante su quel posto sono caduti 7 proiettili della nostra artiglieria.

Alle ore 01:50 ero già al Casale Pollice, ho inviato una pattuglia per ristabilire il collegamento con il comandante dello squadrone. Il comandante è tornato con il resto dello squadrone e alle ore 02:30 abbiamo preso la via del ritorno. Nella lotta a corpo a corpo è stato eliminato il presidio del rifugio con l’uccisione di 5 tedeschi e nessuna perdita propria. Sulla base dei documenti tedeschi reperiti è stato possibile identificare il nemico appartenente alla 114 Divisione Fanteria, reggimento 721 della 13 compagnia.

Bottino: 1 pistola mitragliatrice Schmeiser, la canna e l’otturatore della  mitragliatrice Spandau, 1 fucile automatico,  4 fucili e 1 maschera antigas.

Descrizione del rifugio sul colle 1613

A. collocazione: sul versante meridionale del colle 1613 a distanza di 50 mt dalla cima del colle, a distanza di 200 mt dal versante opposto.

B. Struttura: incavatura naturale tra le rocce, coperta dall’alto con le travi, ramoscelli e la neve, sul davanti coperto con una pesante coperta appesa alla roccia. Sulla parete nella parte meridionale – un’apertura di osservazione grande quanto basta per infilare la testa. L’entrata al rifugio lunga 3 mt, il rifugio stesso alto di 3 mt, lungo 6 mt, non sporgente oltre il livello del versante e per questo motivo difficile da scoprire, dalla parte settentrionale coperto da una fitta foresta.

C. Armamento: 4 fucili, 2 pistole mitragliatrici Schmeiser, 1 mitragliatrice Spandau, una cassa grande con granate a mano, rivoltelle.

Equipaggiamento d’alloggio nel rifugio: 4 sedie, gavette, 1 padella, 1 sega, 1 accetta.

D. Caratteristiche generali: il rifugio nascosto bene, facile da difendere. Dalla parte meridionale quasi impossibile da raggiungere, dalla parte settentrionale sul pendio dolce accessibile tramite un sentiero segnato dal calpestio dei piedi tra gli alberi.

Firmato: Il comandante della pattuglia

tenente Wojciechowicz”.

La mancanza di collegamento radio tra i due plotoni della pattuglia, dopo la divisione della stessa e la partenza del gruppo del ten. Wojciechowicz verso l’obiettivo indicato dal cap. Zieliński, ha rischiato di provocare una tragedia con la morte dei propri commilitoni per fuoco amico. Il cap. Zieliński ricostruisce questa situazione con precisione nel proprio rapporto:

Ho deciso di coprire il ten. Wojciechowicz solo con il fuoco d’artiglieria. Alle ore 23.00 ho udito due serie corti di un fucile mitragliatore e serie di spari con una mitragliatrice leggera, provenienti dal colle 1681. Il collegamento con il ten. Wojciechowicz si era interrotto mezz’ora prima. (…) Ho deciso di aspettare qualche tempo e inviare una pattuglia nella ricerca del ten. Wojciechowicz. Dopo gli spari ho notato un riflettore, in direzione nordovest da Gambareale, che illuminava la linea di difesa, e ho sentito un colpo sparato da un mortaio di grosso calibro. In questo momento l’addetto all’artiglieria ha perso il collegamento radio con la divisione. Il passaggio della stazione radio dell’artiglieria di Capracotta alla mia frequenza ha impiegato 20 minuti circa. Alle ore 00.30 del 15 aprile ho notato dietro di me un razzo sparato dal colle 1352. Supponendo che a sparare fosse il nemico in grado di tagliarmi la via del ritorno (non avevo concordato l’uso del razzo con il ten. Wojciechowicz), ho ordinato di aprire il fuoco d’artiglieria. Dopo avere sparato qualche colpo, ho sentito gridare la parola d’ordine e notato la segnalazione corretta – allora ho spostato il fuoco d’artiglieria – non ci sono state perdite. Le pattuglie inviate alla ricognizione da parte dei due plotoni separati, hanno accertato reciprocamente la propria identità e fatto rapporto dell’incarico eseguito, perciò ho ordinato all’addetto all’artiglieria di aprire il fuoco a turno su Gamberale, il colle 1681 e l’incrocio delle strade del Monte Melo.

Dopo avere predisposto la copertura, alle ore 02.30 ho battuto in ritirata con tutta la pattuglia seguendo lo stesso percorso di andata, con l’arrivo al posto di partenza alle 08.30 del 15.4.1944. La condizione fisica e il morale dei lancieri, nonostante uno sforzo enorme, erano molto buone“.

Il cap.  Zieliński conclude il proprio rapporto con la dichiarazione  che, durante il servizio di pattugliamento, si sono distinti: tenente Wojciechowicz Edward, caporale Januszonek Jan, caporale Lizuraj Wacław, lanciere superiore Marszałek Kazimierz, lanciere superiore Moszko Jan e lanciere Dąbrowski.

Lo svolgimento della pattuglia “Tadzio” era tipico delle operazioni condotte sul Fiume Sangro. Anche se non è stato catturato un prigioniero tedesco, il compito è stato eseguito al 100% poichè è stato accertato che il nemico apparteneva alla 114. Divisione di Fanteria (114. Jäger-Division). I soldati del presidio nel rifugio facevano parte della 13. compagnia del 721. Reggimento di Fanteria (Jäger-Regiment 721) ed evidentemente non si aspettavano che le pattuglie polacche potessero penetrare così in profondità nei loro raggruppamenti. Così si potrebbe spiegare la negligenza nella prestazione del servizio da parte loro, pagata con la vita. Un inconveniente spiacevole è stato l’eccesso di fervore da parte della guida italiana, operante sotto lo pseudonimo “Mussolini”, che ha ammazzato il tedesco con le mani in alto nell’atto della resa. Questo fatto è stato oggetto di supposizioni e discussioni tra i soldati stazionanti a Capracotta. Il maggiore Władysław Dąbrowski, oggi centenario e l’ultimo lanciere in vita del 15 Reggimento, ancora oggi ricorda molto bene che i motivi del gesto della guida “Mussolini” non erano chiari. Si era pensato perfino che egli, uccidendo a freddo il tedesco indifeso e contro l’ordine chiaro del comandante polacco della pattuglia, facendo anche fallire in questo modo l’obiettivo della spedizione, potesse avere un motivo personale, magari una precedente collaborazione con i tedeschi che poteva venire fuori nell’interrogatorio del prigioniero. Oppure tale gesto è stato provocato solo dalla rabbia e dal profondo risentimento per le sofferenze e le violenze subite dalle popolazioni della valle del Sangro da parte degli occupanti tedeschi. La distruzione di paesi interi, uccisioni di civili, rastrellamenti, fucilazioni sommarie ed immedi e la pratica della terra bruciata che portava la morte, poteva forse spingere la gente a volersi fare giustizia da soli.

Il 17 aprile 1944 il 15 Reggimento Lancieri di Poznań si è guadagnato le prime decorazioni di battaglia nella campagna d’Italia, ricevute dalle mani del comandante del 2 Corpo Polacco il generale Władysław Anders, arrivato appositamente a Capracotta. Con la Croce al Valore Militare sono stati decorati i seguenti lancieri:

tenente Wojciechowicz Edward

caporale Januszonek Jan

caporale Lizuraj Wacław

lanciere superiore Marszałek Kazimierz

in presenza di:

– Comandante della 5 Divisione di Fanteria “Kresowa” gen. di brigata SULIK Nikodem

– colonello brigadiere britannico – capo della missione

– ufficiale di collegamento dell’esercito americano colonello Szymanowski

– comandante della 2 Brigata dei Tiratori dei Carpazi colonello diplomato Szymański.

La cerimonia della decorazione e gli eventi susseguitisi in quella giornata eccezionale sono stati descritti dal tenente Leszek Rybicki nella sua relazione appassionata:

“Fin dal mattino nel Reggimento si avverte l’atmosfera di eccitazione e di una gioiosa attesa. In realtà non si sa niente. Per le ore 09:15 è stata annunciata la raccolta del Reggimento, ma niente di più. Solo gli ufficiali sanno qualcosa, ma gli altri leggono dai sorrisi sui loro volti il preavviso di qualcosa di gioioso. Il mistero si schiarisce un po’ quando sulle strade della cittadina di Capracotta, ridotta in macerie fino alle fondamenta, compaiono le sagome dei gendarmi della regolazione del traffico, seguiti dall’orchestra di uno dei reggimenti di cavalleria fraterni. Alla fine sul posto della raccolta compare la delegazione degli artiglieri che collaborano con noi nel settore assegnatoci, insieme al comandante maggiore Ostrowski alla testa della delegazione.

Il vicecomandante del Reggimento riceve il rapporto del capitano Zieliński. „Attenti!”…”Riposo!”… ora si può fumare e parlare. Gli argomenti di cui parlare non mancano perché a quel punto il mistero rimane mistero solo per i poco perspicaci, visto che dalle righe del 1. squadrone si fanno avanti e si posizionano davanti a tutti i partecipanti alla pattuglia di tre giorni fa, conclusasi con un successo: il tenente Wojciechowicz Edward, il caporale Januszonek Jan, il caporale Lizuraj Wacław e il lanciere superiore Marszałek Kazimierz. A questi quattro si aggiunge il sottotenente Ziółko – artigliere il quale si è distinto ugualmente in maniera onorevole in combattimento. L’atmosfera è solenne e molto gioiosal’attesa sta crescendo…

Sta arrivando… i soldati in riga fanno silenzio, livellano le righe, si mettono ritto, aggiustano le uniformi e guardando le labra del maggiore Bieliński nell’attesa del suo comando.

Allo sbocco della strada, sullo sfondo delle rovine di Capracotta, compare la figura del gen. ANDERS così famigliare ai lancieri. Viene dato il comando…. L’orchestra suona l’inno che parla del soldato che marcia dalla terra italiana in Polonia… Le righe dei soldati sono tirate come una corda. Il Generale passa lentamente davanti alla prima riga e guarda attentamente negli occhi dei lancieri e i lancieri gli rispondono con uno sguardo chiaro, gioioso e pieno di fiducia.

Dietro al gen. Anders avanzano il gen. Sulik Nikodem, il brigadiere britannico, il capo della missione col. Szymański, il comandante della 2 Brigata dei Tiratori dei Carpazi, l’ufficiale degli USA e gli aiutanti di campo.

Il Gen. Anders saluta il reggimento con le parole: “Salve, Lancieri di Poznań!” Il comandante del Reggimento, messo sull’attenti, pronuncia il comando: “Attenti a destra per la decorazione!”. L’aiutante del gen. Anders, il tenente Romanowski, legge gli ordini di conferire le decorazioni di battaglia a: capellano don Malinowski, sottotenente Ziółko, tenente Wojciechowicz, cap. Januszonek, cap. Lizuraj e lanciere sup. Marszałek. Poi il Generale prende dalle mani dell’aiutante le Croci al Valore Militare e le appunta, a turno,  ai toraci dei decorati “…. “per il valore e il coraggio dimostrati sul campo di battaglia nella notte tra il 14 e 15 aprile 1944 nella zona di Gamberale”.

Si diffondono i suoni della marcia del Reggimento. Il Generale pronuncia il discorso rivolto al Reggimento:

“…. in ogni arma, su ogni postazione il soldato è ugualmente prezioso quando compie il proprio dovere. Il sacerdote (il cappellano Malinowski), l’artigliere e i lancieri appena decorati, hanno dato di se stessi più di quanto ci si potrebbe aspettare in media da un buon soldato. Domani questa onorificenza potrà essere conferita ad ogni soldato che la meriterà, indipendentemente dal posto di guardia al quale è stato assegnato sulla prima o sull’ultima linea, con l’arma in mano o in officina o dietro al volante di un veicolo. Il soldato polacco ha già una bella tradizione consolidata sul percorso che conduceva dalle nevi del nord alle sabbie del deserto. L’intera nazione, inflessibile nello sforzo, ci guarda con la speranza e l’orgoglio che non possiamo deludere. Gli sforzi della propaganda del nemico per minare il nostro morale sono ridicoli. I primi giorni di lotta al fronte hanno dimostrato quanto siano inutili questi tentativi.”

Il tono di voce del Generale è cambiato di nuovo. Questa volta si rivolge direttamente ai suoi lancieri di Poznań che portano gli stessi colori con i quali anche lui combatteva e con i quali è perito il suo figlioccio. Questo Reggimento era da sempre il suo amore, il Generale era sempre fiducioso che le speranze riposte in questa formazione non sarebbero mai deludesse. Fino adesso il Reggimento non l’ha deluso perché nel periodo della sua formazione era sempre all’altezza del compito. Oggi con la gioia nel cuore, il Generale appuntava le Croci al Valore Militare ai petti dei lancieri che per primi avevano la fortuna di scontrarsi con i tedeschi e dimostrare quanto vale un lanciere. La tradizione del Reggimento consisteva nel fatto che, pur essendo un reggimento di lancieri senza pari, nel migliore significato della parola, esso era capace di combattere come una buona fanteria. La pattuglia guidata dal tenente Wojciechowicz ha svolto il suo compito come se appartenesse ad una buona fanteria e questo dovrebbe renderla orgogliosa.

Il Generale ha concluso il suo discorso con l’esclamazione “Viva la Polonia!”, ripetuta dai soldati nelle righe. L’orchestra suona l’inno nazionale, i lancieri cantano ad alta voce e con determinazione le parole che parlano della Polonia che non è sconfitta… Viene dato un comando e il Generale, insieme alle persone che lo accompagnano, va via per ispezionare le postazioni sull’avamposto del settore. L’esecuzione delle postazioni e l’atteggiamento dei soldati fanno apparire un sorriso di soddisfazione sulla bocca del Generale e gli fanno pronunciare le parole di approvazione. Gli ufficiali di nuova nomina nel comando del Reggimento si sono messi a rapporto informando il Generale della loro promozione. Con questo si è conclusa la parte ufficiale.

Gli invitati, insieme al generale e il corpo ufficiali del Reggimento si sono radunati nelle stanze del circolo ufficiali per bere un bicchiere di vino e conversare in una cordiale e piacevole atmosfera. Dopo la prima colazione, bevendo il caffè, con il permesso del gen. Anders e secondo la tradizione dei lancieri, i soldati hanno eseguito una serie di “strofette”, anche le ultime, composte nel Reggimento per esprimere con ironia e l’umore nero le vicende della guerra.

Nelle parole di commiato, in risposta al gen. Anders, il comandante del Reggimento ha riassicurato il Generale che sempre e ovunque potrà contare sul Reggimento che farà tutto il possibile per adempiere all’incarico e che nel corpo ufficiali non c’è nessuno che esiterebbe di compiere un sacrificio estremo nel servizio della Patria”.

La decorazione della pattuglia con la Croce al Valore Militare è raffigurata in una fotografia dove si vede il Generale Anders che appunta l’onorificenza al petto del tenente Edward Wojciechowicz, schierato di fianco agli altri decorati della stessa pattuglia.

Il servizio del 15° Reggimento Ulani di Poznań a Capracotta era programmato a tempo limitato perché la partecipazione del 2° Corpo Polacco, sotto il comando del Gen. Anders, alla battaglia decisiva sulla Linea Gustav, era già decisa nel marzo 1944. Verso la fine di aprile i soldati polacchi lasciarono Capracotta per essere sostituiti dalle truppe britanniche. Il 15 Reggimento si preparava alla grande battaglia di Monte Cassino nella quale doveva avere i compiti di un battaglione di fanteria da alta montagna, cioè combattere nelle condizioni del terreno molto difficili e del tutto sconosciuti per la maggior parte dei soldati. Da questo punto di vista l’addestramento nel servizio da fanteria, acquisito grazie al pattugliamento lungo la linea del fronte sul fiume Sangro, nelle condizioni invernali, è stato molto prezioso per i lancieri.

Nella IV Battaglia di Monte Cassino, iniziata l’11 maggio 1944 e conclusa il 25 maggio con la presa di Piedimonte San Germano, molti soldati polacchi hanno lasciato la vita, tra loro anche quelli che solo un mese prima si addestravano nei pattugliamenti nella zona di Capracotta. Tra le 1070 tombe al cimitero polacco sulle pendici di Monte Cassino c’è anche il sepolcro del tenente Wacław Luzuraj, decorato dal generale Anders con la Croce al Valore Militare il 17 aprile 1944 a Capracotta, per il coraggio e la tenacia dimostrati nel pattugliamento notturno sulle linee nemiche.

Nello stesso cimitero riposa anche il lanciere superiore Józef Puchała, morto a Capracotta il 19 aprile 1944, fulminato dalla corrente ad alta tensione mentre controllava i cavi telefonici.

La narrazione minuziosa della pattuglia, contenuta nei rapporti del capitano Tadeusz Zieliński e del tenente Edward Wojciechowicz, registrati nel giornale del 15° Reggimento Lancieri di Poznań, è stata tramandata in due pubblicazioni dedicate alla storia del Reggimento. Già nel 1962 a Londra, il Circolo degli Ulani di Poznań fece pubblicare la propria storia in un’opera collettiva – “La storia del 15 Reggimento Ulani di Poznań”. Nel 2009, la moglie del tenente Edward Wojciechowicz, Danuta Halina, ha raccontato la drammatica storia di guerra della propria famiglia di origine e di quella creata dopo il matrimonio con Edward, nel libro edito a Tarnowskie Góry – Londra dalla casa editrice dell’Istituto di Tarnowskie Góry (in Polonia), in versione polacca ed inglese, con il titolo “Il maggiore Edward Wojciechowicz – soldato del 2° Corpo Polacco”.

(Fine)

Anna Banasiak

Bibliografia

1. Danuta Halina Wojciechowicz, Major Edward Wojciechowicz – żołnierz 2 Korpusu Polskiego, Instytut Tarnogórski, Tarnowskie Góry – Londyn 2009.

(Danuta Halina Wojciechowicz, Il maggiore Edward Wojciechowicz – soldato del 2° Corpo Polacco, Istituto di Tarnowskie Góry,  Tarnowskie Góry – Londra 2009)

2. Dzieje 15 Pułku Ułanów Poznańskich (1 Pułku Ułanów Wielkopolskich), opracowanie zbiorowe pod redakcją Pawła Zaremby, Tetragon, Poznań – Warszawa 2025

(La storia del 15° Reggimento Lancieri di Poznań (1° Reggimento Ulani della Grande Polonia) – Studio collettivo a cura di Paweł Zaręba, pubblicato a Londra nel 1962 edito dal Circolo dei Lancieri di Poznań e ripublicato nel 2025 a Poznań – Varsavia, in versione allargata e corretta, dalla casa editrice Tetragon su iniziativa dell’Associazione degli ex lancieri e amici del 15 Reggimento Lanceri di Poznań).

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