Rondini a Capracotta. Fotomontaggio su foto panoramica di Lorena Iaciancio
Era tantissimo tempo, come ho ricordato di recente, che non riuscivo a trascorrere alcuni giorni a Capracotta nel periodo primaverile e, in particolare, nel mese di maggio; fino ad alcune settimane fa, quando finalmente è stato possibile rivivere alcune delle esperienze più belle che avevano caratterizzato i miei anni infantili e giovanili vissuti in quell’adorato paese. Di esse quella che mi ha colpito in modo speciale, forse perché maggiormente imprevista, è stata la festosa e chiassosa presenza intorno alla mia vecchia casa di una moltitudine di rondini di cui mi sono divertito a osservare con interesse il turbinìo dei voli; è stata grande infatti la mia emozione, assai maggiore certamente di quando ero bambino perché allora eravamo tutti troppo impegnati nei fantastici giochi all’aria aperta che la buona stagione ci consentiva.
Ho ricordato, peraltro, di aver appreso dalla stampa che negli ultimi decenni c’è stata molta preoccupazione per la progressiva loro scomparsa: anche dagli ambienti rurali e di montagna come il nostro paese e questo fenomeno, insieme a tanti altri, era stato giustamente interpretato come un indicatore negativo del progressivo, multifattoriale inquinamento atmosferico; la rondine comune, infatti, è un uccello che si nutre normalmente di mosche, zanzare e di altri insetti volanti spesso nocivi.
C’era quindi motivo di gioire per la loro chiassosa invasione, anche e soprattutto a Capracotta in cui, è superfluo ripeterlo, non aveva mai avuto valore il famoso proverbio che dice “Per San Benedetto, la rondine sotto il tetto!”; bisognava infatti attendere che il clima diventasse più favorevole per rivedere questi piccoli uccelli, reduci oltre tutto dal loro lunghissimo viaggio di migrazione dal Sud dell’emisfero terrestre, in genere dall’Africa subsahariana.
La specie più diffusa dalle nostre parti, la rondine comune (“Hirundo rustica” secondo Linneo che la descrisse nel 1758) è di colore blu scuro, quasi nero sul dorso e grigiastro sul ventre, lunga poco meno di 20 cm e dalla coda biforcuta e ne esistono almeno sei, diverse sottospecie; esse costruiscono un nido che ha una forma davvero inconfondibile a coppa e sia il maschio che la femmina contribuiscono a realizzarlo mescolando con il fango diversi materiali di origine vegetale. L’interno è ricoperto da uno strato di soffici piume per accogliere i nuovi nati e tenerli al sicuro; prima di conoscere l’uomo le rondini costruivano il nido in natura, all’entrata di caverne, scogliere marine o sotto i rami degli alberi, elementi del loro habitat originario mentre oggi la rondine nidifica quasi esclusivamente in luoghi creati o modificati dall’uomo: in genere 2 volte all’anno, raramente 3, ogni volta deponendo 4 o 5 uova che vengono covate soprattutto dalla femmina ed i piccoli, che in circa 20 giorni raggiungono le stesse dimensioni degli adulti, sono poi in grado di lasciare il nido. Questa specie si è ben adattata a vivere negli ambienti rurali, anche in montagna come a Capracotta, ove è tuttora favorita dalla persistente disponibilità di case in muratura e soprattutto dalla particolare morfologia dei loro tetti tradizionali.
Così non mi vergogno di confidare che nei pochi giorni trascorsi in paese qualche settimana fa’ mi sono sorpreso spesso, specie prima del tramonto, non solo a seguire con lo sguardo gli acrobatici voli delle rondini e il loro incessante andirivieni, ma anche e soprattutto ad ascoltarne estasiato l’assordante cinguettio: in netto contrasto con il profondo silenzio che avvolgeva la mia vecchia casa e l’intero quartiere; ho avuto modo, perciò, di ricordare qualcuna delle tante leggende, anche a sfondo religioso, che avevo appreso sulle rondini; come quella che racconta di un loro gruppo che cominciò a volare attorno a Gesù togliendogli la corona di spine prima della sua Crocifissione.
A conclusione di queste mie considerazioni ho ancora rammentato di quando tanti anni fa a Capracotta, all’inizio dell’autunno, mi teneva incollato alla finestra un altro mirabile spettacolo offerto dalle rondini: quello in cui per uno-due giorni esse rimanevano immobili, numerosissime sui fili o a ridosso dei muri in un elaborato cerimoniale che precedeva il loro levarsi in volo a stormo per il lungo viaggio di ritorno in terre più calde, prima dell’inverno.
Come sempre, infine, il mio pensiero e il mio ricordo sono tornati ad alcune delle tante poesie ispirate a questi piccoli, prodigiosi uccelli; per esempio quella di Corrado Govoni intitolata proprio “RONDINI”:
«Son tornate le rondini al lor nido
sotto la gronda de la tua finestra…
Dunque è vero ch’io sono dal mio nido
così lontano, da la mia finestra!
Dunque è vero ch’io ancora mi confido
de la speranza che mi sequestra
da te lontano, e i miei giorni affido
del destino a l’instabile balestra!
Le rondinelle han fatto già ritorno
al loro nido placido e sicuro
sotto il mio cornicione logorato…”.
Aldo Trotta