Parlava poco Erasmo, preferiva il calcio

Erasmo Iacovone

di Paolo Inno [tratto da astaranto.it]

Parlava poco, Erasmo. Preferiva il calcio. E i fornelli. Era un uomo casalingo. Fino al punto che, talvolta, Paola era costretta ad andarsene in giro sola. E lui si preoccupava: «Dove vai? Non siamo mica al paese, qui…». Lo sapeva pure Paola che non erano al paese. Se n’era accorta fin da subito. Le loro passeggiate in Via Di Palma o sul Lungomare si trasformavano sempre in un viaggio a tappe. «Iacovò, Iacovò», gli strillavano i bambini. E i notabili del Borgo si levavano il cappello. Una chiacchiera col barbiere, una con il salumiere e i quattro passi all’aria aperta diventavano una gita.

Nella Taranto di fine anni ’70, Erasmo doveva essere qualcosa in più del sindaco, forse. E Paola la first lady. Roba da far girar la testa. Loro due, però, chiudevano la porta in faccia ai clamori. Si affacciavano sul mare dal balcone della casa in viale Virgilio. Respiravano l’aria salata della notte marina. C’era un piccolo molo nascosto quasi alle spalle del Delfino. Oggi è ancora uguale ad allora. Erasmo parcheggiava la sua macchina in garage, Paola teneva la sua in strada. Un bacio al mattino, poi gli allenamenti. Era assai raro che Paola lo seguisse al campo. Fino ad allora, lo aveva visto all’opera soltanto tre o quattro volte. Non le piaceva granché il calcio. Lui, per questo, non le portava certo il muso. Aveva provato a spiegarle che il suo compito, in campo, era di fare gol agli avversari. Proprio come Boninsegna, l’idolo autentico di Erasmo, del quale era riuscito a riprodurre, per via di qualche strana osmosi magica, lo stacco aereo impetuoso e letale. Erasmo era capace di toccare il cielo con un salto, proprio come il vecchio Bonimba. Forse, a quelle altezze, i sogni sembravano più veri. Fatti quasi di carne ed ossa. Sognava tanto, Erasmo. Sognava tre cose, soprattutto: avere un figlio, conoscere Cruyff e giocare nella Roma.

Nell’attesa, faceva innamorare Taranto. Pure lui s’innamorava. Sapeva, però, che Taranto, forse, non era la vera meta: era un passaggio, una transizione. Un antipasto di gloria. L’ha masticata, la gloria, Erasmo. L’ha fabbricata lui stesso. Grazie ai suoi gol, ai sorrisi, ai baffi e ai ricci confusi sul volto. E’ stato come la Stairway to Heaven del calcio tarantino. Dopo di lui il nulla, o quasi. Solo cumuli di tribute band. Replicanti affascinati, esecutori più o meno fedeli. La scala per il cielo, Erasmo l’aveva comprata per davvero. Solo non ha fatto in tempo a scalarla. Non è diventato padre, non ha conosciuto Cruyff, non è stato l’attaccante della Roma.

Lo hanno fermato un attimo prima. Solo un attimo prima.

Fonte: http://www.fondazionetaras.it/2014/iacovone/parlava-poco-erasmo-preferiva-il-calcio/