Pasquale Fiadino, “rɘ cuafónɘ” che insegnò il “mestiere” al tecnico comunale

Distesa di grano. Foto: Le Miccole Alti sapori

Pasquale Fiadino sposò Giovannina (o Giovina) Del Castello e fino al 1902 ebbe tre figli: Sebastiano nato nel 1895, Giampietro nato nel 1897 e Margherita nata nel 1899. Il soprannome di famiglia era Ciɘcarocchiɘ (acceca rocchie, vale a dire distruggi cespugli); dopo un evento clamoroso di cui fu protagonista il soprannome diventò Rɘ Cuafónɘ (il contadino). Non appena fu abbastanza forte per lavorare cominciò ad arare i campi con due buoi, una mucca e una mula. La scansione del lavoro annuale era sempre la stessa: in autunno il lavoro nei campi, poi nei boschi trasportando tronchi oppure come carbonaio; al ritorno a Capracotta dopo la lunga invernata di nuovo ad arare per le semine primaverili.

Non aveva terre sue e questa situazione lo angustiava sia perché doveva comprare tutti i prodotti agricoli necessari per portare avanti la famiglia e sia perché sarebbe stato gratificante arare e coltivare i suoi campi. E così chiese al cognato Vincenzo Antenucci di procedere con l’atto di chiamata e avviò le pratiche per andare negli Stati Uniti. Quando nel 1902 arrivò il visto d’ingresso, vendette i buoi, la mucca e la mula, lasciò a Capracotta la moglie e i tre figli e si imbarcò il giorno 8 ottobre a Napoli sulla nave “Lombardia” insieme ad altri compaesani.

Sbarcò a New York il 17 ottobre 1902 con la nave “Patria”, probabilmente perché durante il viaggio dovette succedere qualcosa alla “Lombardia” che richiese il trasferimento dei passeggeri su altre navi; infatti la nave “Lombardia” a New York arrivò 5 giorni più tardi.

Scese sul suolo americano come “laborer”, con 10 dollari in tasca e con destinazione finale a Pueblo, noto centro minerario. Per quattro anni si trasformò in minatore. Nel 1906 decise di tornare a casa per rivedere la famiglia; restò il tempo necessario per vedere la nascita della figlia e ripartì. Questo nuovo trasferimento non è riportato nei documenti di Ellis Island; forse il cognome sarà stato trascritto in modo errato e non è stato possibile rintracciarlo. Restò altri quattro anni ma non in miniera e poi tornò definitivamente a casa.

Dal frutto dei suoi otto anni di lavoro in Usa, al ritorno, acquistò prima di tutto due appezzamenti di terra nella contrada “Santa Croce” di Capracotta e uno alla contrada “Acqua degli Angeli” in territorio di Sant’Angelo del Pesco; poi acquistò due nuovi due buoi, una mucca e un cavallo e tornò al vecchio mestiere di aratore. Le condizioni economiche della sua famiglia migliorarono notevolmente.

Nel febbraio 1913 il figlio Sebastiano, nato il 5 giugno 1895, decise di seguire le orme paterne ed emigrò negli Usa. Anche in questo caso non è stato possibile reperire la documentazione. Non si sa dove andò, chi fece l’atto di chiamata e dove lavorò. Sappiamo però che abitava nella stessa baracca di legno con altri tre capracottesi: Giovanni Di Tella (soprannome Rascia), Vincenzo Carnevale (soprannome Paschittɘ) e Michele Di Rienzo (soprannome Plucchɘ).

L’Italia entrò in guerra il 24 maggio 1914 e tutti e quattro ricevettero la cartolina di chiamata alle armi. Vincenzo Carnevale a lungo discusse con gli altri 3 amici se era il caso di tornare e andare in guerra con tutti i rischi del caso. Non riuscì a convincere i tre ed egli decise di non rispondere alla chiamata anche con il rischio di essere dichiarato renitente alla leva. Sebastiano, Giovanni e Michele tornarono. Sebastiano, anni 21, tornò nel mese di luglio del 1915 e dopo pochi giorni parti per il servizio militare; fu inviato in Albania e il 23 febbraio 1916 morì in combattimento a Sasso Bianco. Anche Michele Di Rienzo, anni 24, morì per malattia il 24 agosto 1916 nell’ospedale militare di Firenze. Dopo la guerra tornò a Capracotta anche Vincenzo Carnevale senza incorrere in nessuna conseguenza.

E veniamo al cambio del soprannome. Pasquale, dopo la Prima Guerra Mondiale, essendo proprietario di due buoi e una mucca usufruì dell’uso civico dei pascoli. Infatti, il Comune di Capracotta vendeva ogni anno a prezzo agevolato il fieno dopo essere stato tagliato. Un anno la ripartizione del fieno fu affidata a un tecnico forestiero. Pasquale, forte dell’esperienza americana, si accorse che il tecnico stava facendo male il suo lavoro e, davanti ai tanti capracottesi che ne avevano diritto, gli segnalò che stava commettendo un errore. «Zitto tu cafonɘ», fu la risposta stizzita dell’arrogante tecnico che procedette imperterrito. Alla fine, però, tutti i presenti e lo stesso tecnico si accorsero che Pasquale aveva ragione e così l’accaduto fece notizia in tutta Capracotta. Da allora il soprannome della famiglia di Pasquale Fiadino diventò “Rɘ Cuafónɘ” non in senso dispregiativo ma per ricordare che un semi-analfabeta ne sapeva più di chi aveva studiato!

Domenico Di Nucci

Fonte: D. Di Nucci, Due buoi, una mucca e una mula, in AA.VV., A la Mèrɘca. Storie di emigranti capracottesi nel nuovo mondo, Amici di Capracotta, Cicchetti Industrie Grafiche Srl, Isernia, 2017