Breve storia di Capracotta: dalle origini ai giorni nostri

Mappa del saggio di scavo dell'insediamento di Fonte del Romito
Mappa del saggio di scavo dell’insediamento di Fonte del Romito

Preistoria, Sanniti e Romani (120.000 a.C.- 476 d.C.). Le più antiche tracce della presenza umana nel territorio di Capracotta risalgono al periodo Musteriano: in località Morrone sono stati ritrovati strumenti di caccia dell’uomo di Neanderthal. Il primo insediamento stabile risale, invece, al IX secolo a.C. Si tratta di un centro abitato ritrovato nel corso di cinque campagne di scavo promosse dalla Soprintendenza per i Beni archeologici del Molise tra il 1979 e il 1985 nei pressi della Fonte del Romito. Gli scavi archeologici hanno svelato l’esistenza di un sito con una vitalità di circa mille anni: da alcune capanne circolari del IX secolo a.C. a edifici in marmo del I secolo d.C. collocati in un contesto urbano ben pianificato. Altri ritrovamenti di epoca sannitica sono la Tavola Osca e alcuni sepolcreti di epoca arcaica. L’abitato di Fonte del Romito risulta ben collegato, attraverso vie intermedie della transumanza, alle grandi arterie del tempo e perfettamente inserito nel contesto politico ed economico di quell’epoca lontana. Nel giro di pochi secoli, il piccolo agglomerato di capanne si trasforma in un insediamento esteso e socialmente complesso. Tra il IV e il III sec. a.C. la comunità cittadina costruisce le cinte fortificate di Monte san Nicola e Monte Cavallerizzo per proteggersi dagli eserciti di Pirro e di Annibale. Con la conquista del Sannio da parte delle legioni romane, il villaggio cresce ulteriormente sfruttando le nuove opportunità economiche offerte dalle mutate condizioni politiche: le alture vengono utilizzate come aree di pascolo per il bestiame dei latifondi dell’Apulia; i boschi e le foreste circostanti come fonte inesauribile di legna per la cantieristica navale romana. L’esperienza insediativa di Fonte del Romito si interrompe bruscamente nel I sec. d.C. a causa di un violento incendio. Gli abitanti riescono a mettersi in salvo. Nella Tabula Peutingeriana, una copia medievale di una carta stradale dell’Impero romano del III o IV sec. d.C., il territorio di Capracotta è fuori dalle grandi vie di comunicazione. La caduta di Roma, la calata in Italia dei primi popoli germanici e la lunga e devastante guerra tra goti e bizantini (535- 553) per il controllo dell’Italia danno il colpo di grazia all’intero territorio alto molisano.

Longobardi, Normanni, Svevi e Angioini (590 ca.- 1442). Tra la fine del VI secolo e gli inizi del VII, i Longobardi del Ducato di

Domini longobardi in Italia all'inizio del VII secolo
Domini longobardi in Italia all’inizio del VII secolo

Benevento invadono l’Alto Molise. Secondo i sostenitori dell’ipotesi dell’origine longobarda di Capracotta, la nostra cittadina sarebbe stata fondata dagli uomini dalle Lunghe barbe proprio in questo periodo come piccolo insediamento militare per il controllo dei bacini del fiume Sangro e del Trigno. Risale, comunque, all’epoca longobarda il primo documento ufficiale in cui è attestato per la prima volta il nome del paese. Nel 1040, Gualtiero Borrello, signore di Agnone e di tutte le sue pertinenze (tra cui Capracotta), dona al monastero benedettino di San Pietro Avellana tutto l’agro compreso nel versante settentrionale dell’area di Vallesorda e del Monte Capraro fino alle sorgenti del Verrino e fin sotto Capracotta, che viene esclusa dalla donazione. Sono gli anni della dominazione dei Borrello, una famiglia franco-longobarda che era riuscita, a cavallo dell’anno Mille, a creare un vasto dominio feudale tra il Molise e il Teatino. Nel 1105, Capracotta entra nell’orbita normanna. La riunificazione politica del Mezzogiorno segna la rinascita della transumanza. Nel 1269, il re Carlo I d’Angiò assegna il feudo di Capracotta alla famiglia Della Posta. Nel 1320, Capracotta è citata in una Cedola dei registri fiscali della cancelleria angioina e censita con i suoi tributi: la popolazione ammonta a un migliaio di persone. Nel 1381, Capracotta passa alla famiglia Carafa.

Stemma della famiglia d'Eboli nella Chiesa Madre
Stemma dei d’Eboli nella Chiesa Madre

Aragonesi, Spagnoli e Austriaci (1442- 1734). Capracotta è all’inizio della dominazione aragonese un borgo medievale dalle stradine strette, delimitato da mura e difeso da torri. Nel 1443, i Carafa vendono il feudo di Capracotta alla famiglia D’Eboli di Castropignano. Una nuova riorganizzazione dell’industria del bestiame e il commercio della lana portano un certo benessere alla comunità. La popolazione aumenta velocemente: si passa dalle 118 famiglie del 1522 alle 248 del 1575. La cittadina si espande: sorgono nuovi edifici residenziali all’esterno del vecchio perimetro comunale. Nel 1603, la feudataria Aurelia D’Eboli muore senza figli. La successione è piuttosto ingarbugliata tra le sorelle e i nipoti della nobildonna deceduta. Nel 1656, la peste uccide 1126 abitanti, più della metà della popolazione. Nel 1657, una banda di 104 banditi saccheggia il paese. Nel 1670, i diritti feudali sul territorio di Capracotta vengono incamerati dalla Regia Corte per la morte senza prole di Faustina D’Eboli, sorella e ultima erede di Aurelia. Nel 1671, Capracotta è divisa in quattro quartieri: Terra Vecchia, Celano, San Giovanni Battista e Santa Maria delle Grazie. Ci sono sei chiese. Le famiglie sono 183. La maggior parte degli abitanti è impiegata nella transumanza. Nel 1673, Andrea Capece Piscicelli acquista dal Fisco i beni feudali di Capracotta. Nell’anno successivo, riceve anche il titolo ducale, attualmente posseduto dai suoi discendenti: la famiglia Piromallo Capece Piscicelli. Il Duca cerca subito di ingraziarsi il favore dei nuovi sudditi: nel 1676 invia uno scarabattolo con le reliquie dei santi Costanzo, Faustina, Aurelia e Feliciano, ancora oggi visibile nella Chiesa Madre.

Dai Borbone ai Savoia (1734- 1860). Nel Settecento, l’aumento della popolazione determina una crescita delle aree destinate

Francesco I delle Due Sicilie
Francesco I delle Due Sicilie

all’agricoltura. La transumanza, però, resta sempre il settore trainante dell’economia cittadina. Nel 1781, Capracotta ha 1868 abitanti, tre chiese, un ospedale e una fabbrica di panni. Nell’estate del 1824, il principe ereditario Francesco di Borbone (poi, re Francesco I delle Due Sicilie) compie un’escursione sul Monte Campo per ammirare il panorama. Negli anni Quaranta, l’eco del Risorgimento raggiunge le nostre alture. Nasce una società segreta di indirizzo massonico intitolata al “Verrino trionfante”. Nel 1859, viene istituito il Comitato liberale capracottese. Il 7 settembre del 1860, Giuseppe Garibaldi entra trionfalmente a Napoli. Il passaggio di sovranità al nuovo Stato italiano, però, non è facile. Ci sono tumulti in tutto l’ex Regno borbonico. A Capracotta l’insurrezione esplode il 2 ottobre del 1860.

Monumento a Emanuele Gianturco
Monumento a Emanuele Gianturco

Dal Regno d’Italia ai giorni nostri (1861- 2012). Il 21 e 22 ottobre del 1860 un plebiscito sancisce l’annessione dell’ex Regno delle Due Sicilie all’Italia unita. Il nuovo sistema fiscale e i metodi abbastanza “spicci” negli accertamenti e nella riscossione dei tributi colpiscono duramente la ricchezza di numerose famiglie. Esplode il brigantaggio. L’agro capracottese è funestato dalle terribili bande di Cuzzitto, Ferrara e Tamburrini. L’altra faccia di questa condizione di diffusa povertà è la massiccia emigrazione verso il continente americano. Nel 1901, arriva la corrente elettrica. Nel 1904, l’avvocato Emanuele Gianturco risolve a favore della comunità un’importante controversia giudiziaria sull’uso promiscuo dei boschi tanto da meritarsi una bella statua nel quartiere di San Giovanni. Nella Grande Guerra, Capracotta sacrifica sull’altare della patria 65 concittadini. Il fascismo passa senza lasciare significative tracce. Nel novembre del 1943, il paese subisce le rappresaglie tedesche per la firma dell’Armistizio dell’8 Settembre tra il governo italiano e gli Alleati: tranne le chiese, l’edificio scolastico, l’asilo infantile e alcune case private, tutto viene distrutto con la dinamite e il fuoco e la popolazione è costretta a sfollare verso le regioni meridionali italiane controllate dagli Anglo-americani. Nel 1945, gli esuli tornano in paese e lo ricostruiscono. Tra il 1951 e il 1971, un’altra ondata migratoria sposta centinaia di capracottesi verso le città industrializzate del Nord Italia e dell’Europa Occidentale.

Nell’ultimo trentennio, Capracotta ha lavorato per inserirsi a pieno titolo in un circuito turistico che, puntando sulle potenzialità di stazione sciistica e località climatica di villeggiatura, possa garantire una prospettiva di sviluppo duratura alla popolazione.

Francesco Di Rienzo