Compa’ Cicciotto aveva una “Bottega” in via Nicola Falconi, 8 dove vi svolgeva l’attività di calzolaio: essa era a piano terra e vi si accedeva direttamente dalla strada. Era una bottega che lui aveva ereditato dal padre Vincenzino negli anni ‘30.
Il locale aveva un retrobottega dove veniva depositato il materiale occorrente per il lavoro. C’era un banchetto (la “banchetta”) che era diviso in scomparti con le varie misure di chiodi e le “centrelle” (chiodi larghi da calzolaio); il banchetto avevo un sottopiano che serviva per riporre le forme delle scarpe e attrezzi vari.
Nel corso degli anni Cicciotto aveva avuto tre apprendisti: Giovanni Di Tella (Nannino), Mario Sozio (fratello dell’indimenticabile “La Parrocchia”) e Ottorino Paglione (Mustaccio), l’unico che poi ha continuato l’attività per un breve periodo.
Molto spesso il mastro calzolaio mi faceva raddrizzare i chiodi, insieme al figlio Vincenzino. Prima di noi anche ai suoi figli maggiori ed ai miei fratelli Renato e Corradino era toccato questo compito. La “Bottega” non era solo un luogo di lavoro ma rappresentava un vero e proprio “Circolo di ritrovo” per amici e coetanei: da mio padre Oreste a Marino D’Andrea, Diodato ed Edmondo Angelaccio, come pure Errico e Ottaviano Trotta, Enrico De Renzis, Ottorino Del Castello, Vincenzino e Angelo Conti (Angelitt), Vincenzo Pettinicchio (C’nzitt) ed altri ancora.
Si parlava di tutto, di politica locale e nazionale, della vita paesana, si scherzava e si facevano simpatiche battute. Per chi passava davanti alla bottega c’era sempre una frase pronta. Un episodio che ricordo è quello di quando compare Cicciotto perse al gioco una capra, con l’accordo che la mattina seguente non doveva mungerla.
Cicciotto incontrò Eugenio Venditti, per tutti Uscegn’, anche lui calzolaio, che gli disse:
– “Uno di noi stanotte ha abbuscato” (facendo anche il segno con la mano), lui replicò:
– “Uggè si paata chela cambiala?”
– “N’ so’ fiatte rtiè!”
-”E so fiatte rtiè s’ì aje pers innott?!”, concluse Cicciotto.
Un altro episodio che ricordo è quello di quando il dottor Turchetti (che all’epoca lavorava a Capracotta come veterinario) andò in ferie nel suo paese in Romagna.
Al suo ritorno compare Cicciotto gli disse:
– “Mi pare che durante la tua assenza non è morta neanche una gallina!”.
Prontamente il dott. Turchetti gli rispose:
– “Cicciotto, al mio paese c’erano 70 calzolai che adesso non ci sono più, però mi sembra che nessuno cammina scalzo!”
Oltre al lavoro locale, il mastro calzolaio nel periodo invernale si spostava nei posti dove lavoravano compagnie di boscaioli e carbonai, da Turcina a Ramitelli e Val di Terra. Negli ultimi anni di lavoro, con il sopraggiungere dell’industria calzaturiera, oltre a piccole riparazioni venivano esposte calzature industriali in una vetrinetta realizzata da mio padre Oreste, falegname.
Cicciotto, oltre ad essere lavoratore ed uomo dallo spirito vivace, fu anche Combattente nella prima Guerra mondiale, Cavaliere di Vittorio Veneto e Presidente dei Combattenti di Capracotta.
Peppino D’Andrea