Storia dell’acqua potabile a Capracotta (parte terza ed ultima)

Come accennato da Giovanni Paglione, nel 1937 era già in funzione l’impianto di sollevamento delle acque della sorgente del Verrino. È il caso di riportare  parte di un articolo pubblicato su  Il Messaggero del 16  setttembre 1951- e ripubblicato su  Voria nel Febbraio 2008, anno 2 numero 1- con il titolo “La battaglia dell’acqua vinta da Marino D’Andrea”:

«Maggio 1947: l’acqua era la più grave preoccupazione dell’Amministrazione Comunale. Dalla distruzione del paese, l’impianto del Verrino non funzionava più, uno dei vecchi motori, riparato in un’officina di Napoli, alla prova risultò inefficiente; era stato ordinato al Tecnomasio, in seguito a suggerimento, dopo un sopralluogo, di un perito, un nuovo motore soltanto (per tutti e due la spesa sarebbe stata troppo forte), ma intanto l’acqua già cominciava a mancare! Fu allora che l’assessore sig. Marino D’Andrea tenne al sindaco un discorsetto breve quanto mai. Intendeva il Sindaco affidargli l’incarico di interessarsi della cosa? Aveva fiducia nella riuscita? Egli, Marino D’Andrea, desiderava soltanto esser lasciato tranquillo fino a lavoro compiuto. Il Dott. Carnevale, ben sapendo quali fossero le risorse di capacità e di intelligenza del D’Andrea, non esitò un attimo: “Bene – rispose – occupatene tu”. E fu così che Marino D’Andrea, che in vita sua non aveva mai toccato un motore elettrico, si accinse ad un’impresa che, quando fu nota apparve pazzesca. Marino intanto non perdeva il suo tempo in chiacchiere: amava i fatti! Andò a Roma, acquistò quei pochi pezzi che a suo criterio erano indispensabili, ritornò, e si trasferì subito a Verrino, nella casetta … dei motori! Passa un giorno e passa un altro … e di Marino nessuna notizia! Venti, trenta, trentanove giorni! Che fa Marino? Chi lo ha visto? Ma resta laggiù pure la notte? Nessuno era in grado di dar qualche ragguaglio, e la curiosità, dopo ben trentanove giorni era addirittura esasperante. La famiglia del D’Andrea e il Sindaco, che pur dovevano saper qualche cosa, tacevano. In piazza, ogni sera, commenti e discussioni fino a notte inoltrata. Ognuno diceva la sua. Molti facevan voti pur di far subire uno scacco all’amministrazione, che l’acqua non arrivasse mai. Sorse così l’alba del quarantesimo giorno, la troppo lunga attesa cominciava ormai troppo a pesare. Sull’imbrunire, in piazza, i soliti gruppetti. Come dovunque (tutto il mondo è paese!), chi riferiva le notizie del giorno, chi le interessanti novità dei quotidiani pettegolezzi, chi picchiava ancora sul solito chiodo del solito Verrino … quando la bomba, improvvisa e inattesa, scoppiò fulmineamente: “L’ac qua, l’acqua! E’ arrivata l’acqua al serbatoio”. E c’era arrivata davvero. Marino D’Andrea era dunque riuscito a rimettere in funzione i vecchi arrugginiti motori, ed un potente getto d’acqua arrivava, limpido e fresco, al serbatoio. La notizia si diffuse in un baleno fra la popolazione festante: tutti corsero ad aprire i rubinetti … e dai rubinetti aperti sprizzò fuori quel getto d’acqua tanto atteso, tanto sospirato. Il miracolo s’era compiuto davvero e i motori, dopo anni di silenzio, fecero sentir di nuovo il loro benedetto, ritmico ronzio, che mai da allora si è arrestato. Il motore di riserva è sempre là, nuovo, inoperoso,pronto per ogni evenienza. Fu dunque merito, onore e vanto di Marino D’Andrea se la popolazione ebbe di nuovo, e in abbondanza, il prezioso elemento. Egli aveva dato una prova superba delle sue capacità eccezionali. Pago dell’opera sua, rifiutò ogni compenso: gli bastò la soddisfazione immensa di aver fatto un bene immenso al suo paese. Nulla chiese; non solo: ma rifiutò persino l’offerta del Sindaco,che faceva insistenze acciocché accettasse almeno il compenso per le 40 giornate dedicate al Verrino. Sempre modesto, evitò i rallegramenti. Gli avversari e gli increduli, sbalorditi del miracolo, ammutolirono. Fu anche invidiato, e ben a ragione. E la riconoscenza della popolazione onesta fu generale… Un giorno si racconterà che nel lontano 1947 per la ferrea volontà di un uomo Capracotta riebbe la sospirata acqua; quell’acqua che ancora continua ad avere in abbondanza, perché quei motori, ai quali Marino D’Andrea aveva infuso nuova anima e nuova vita, cantano ancora la loro ritmica, benedetta, ronzante canzone».

A questo punto è bene raccontare una piccola pagina inedita della Storia di Capracotta riguardante le famiglie che abitavano nei due gruppi di case della Fundione e che non erano allacciate all’acquedotto; attingevano l’acqua, inverno e estate, dalla sorgente nel cosiddetto Prato della Fonte. Nel 1947, dopo il ritorno dell’acqua nel serbatoio, si recarono in delegazione dal sindaco dell’epoca per chiedere di essere equiparati agli altri cittadini e di avere anche loro l’acqua corrente in casa. Il problema interessava sia le famiglie del primo gruppo di case con Domenico Di Tanna ( Re Tianne), Giovanni Di Lullo(Pegniata), Giuseppe Di Lullo (Papèppe), Giuseppe Matteo (Fiaschitte), il fratello Vincenzo (Fiaschitte o Uocchiestritte), Vit’Antonio Di Nucci detto Loreto (Curdische, con le famiglie dei tre figli Nicola, Antonio e Giuseppe) e sia quelle del secondo gruppo di case più a valle con Domenico Di Nucci ( Carmenone), Agostino Di Lullo (Paciglie), Enrico e Nicola Matteo (Mondiale). Non c’erano finanziamenti in vista e l’amministrazione comunale si mostrò disponibile ad esaudire le loro richieste ma ad una singolare condizione: dovevano, a loro spese, recuperare i tubi interrati che facevano parte del dismesso acquedotto dalla Fonte Fredda di fianco a Santa Lucia, portarli a Capracotta, scavare il tracciato da San Rocco fino alle loro case e curare i singoli allacci. Non si persero d’animo e per diversi giorni gli adulti della Fundione riportarono alla luce i tubi in ghisa interrati, a spalla li trasferirono  dove servivano e fecero festa quando anche dai loro rubinetti uscì acqua corrente. A compenso di tutto il loro  lavoro si accorsero che mentre a Capracotta ogni tanto mancava l’acqua corrente, nello loro case non mancò mai, anzi l’acqua che sprizzava dai loro rubinetti, a causa della pressione idrostatica,era tutto un ribollire di bollicine!

Domenico Di Nucci