Signora mia, non esiste più bonatenenza!

L’ufficio delle tasse di Brueghel il giovane (XVI secolo)

«Signora mia, non ci sono più i beni burgensatici di una volta e non esiste più bonatenenza! Hai voglia a parlare di focatico, panatico e terratico e i mastrodatti scrivono bagliva senza portolanìa».

In quel pozzo senza fondo che è “Il Libro delle Memorie”, redatto a partire dal 1742 dal cancelliere dell’Università dottor fisico Nicola Mosca (in parole più umane: il segretario del Comune, di professione medico di famiglia), vengono riportati oltre agli avvenimenti più degni di nota che riguardavano la nostra bella Capracotta, anche gli atti di natura fiscale e impositiva, ai quali erano assoggettate tutte le classi sociali, e che erano percepiti come un vero e proprio “dente cariato”, fonte di grandi dolori e fastidi da ogni punto di vista.

Di seguito, qualche delucidazione sui termini abusati nei quali gli studiosi del passato della nostra amata cittadina si imbattono sistematicamente nelle loro indagini:

Bagliva: includeva tutta una seria di diritti spettanti al signore del luogo: dazi per l’attraversamento del territorio, la pesca nei fiumi, lo sfruttamento minerario delle cave e l’imposta sulle bilance e sulle caraffe in base alle diverse unità di misura dei luoghi.

Bene burgensatico: bene di proprietà privata.

Bonatenenza: imposta fondiaria che, fin dalla metà del Seicento, i Baroni del Regno di Napoli erano tenuti a versare al Comune per i loro beni di natura non feudale;

Focatico: l’imposta su ciascun “fuoco” (famiglia). Fu Carlo I d’Angiò a istituire questa tassa nel 1263, perfezionata in seguito da Alfonso d’Aragona che istituì nel 1447 la “Numerazione dei Fuochi”: in pratica, un’antenata dell’imposta di famiglia.

Mastrodatti: dal latino “magister actorum”, notaio addetto alla redazione e alla custodia degli atti pubblici e privati.

Panatico: il vitto o l’equivalente in denaro corrisposto al marinaio dall’armatore delle navi mercantili, come il buono pasto odierno.

Portolanìa: in vigore ininterrottamente nell’Italia Meridionale dal periodo svevo a quello borbonico, interessava sia la guardianìa dei porti sia il dazio per l’occupazione di un’area comunale in forma occasionale o permanente. Era in pratica una vecchia zia dell’occupazione del suolo pubblico.

Terratico: contratto d’affitto di un fondo agricolo il cui canone era pagato in natura, secondo un patto stabilito in anticipo, indipendentemente dalla quantità del raccolto.

Se siete riusciti a resistere fino alla fine, vi meritate un applauso scrosciante!

Paolo Trotta