«Ho conosciuto il re Juan Carlos e ho ristretto il pantalone a un ambasciatore di Spagna»

Antonio Fiadino con la moglie Maria nel giorno del 55° anniversario di matrimonio

Da bambino ho fatto il pecoraio. Quante volte ho percorso il tratturo: da Capracotta alla Puglia e ritorno. Poi, per qualche anno, sono andato a bottega dal sarto Giovanni Borrelli. Il 10 settembre del 1955, mi sono trasferito una prima volta a Roma a fare il sarto: prima presso un sarto siciliano, poi dal compaesano Alfredo Di Tanna che prendeva le commesse dal famoso sarto capracottese Ciro Giuliano. Sono ritornato a Capracotta dove ho lavorato per un anno con il mio maestro Giovanni Borrelli. Mi diceva sempre: «Sctiatt’ c’ me a Capracotta». Mia madre, però, mi ammoniva sempre: «Se resti a Capracotta non sarai mai né carne né pesce». E così mi sono trasferito di nuovo a Roma. Lì andai a trovare l’amico e compaesano Antonio Mosca, anch’egli sarto, e mi buscai una giornata di lavoro con il sarto Brunelli.

Il giorno dopo, andai a lavorare all’Accademia delle Belle Arti Spagnole a piazza di San Pietro in Montorio a Roma. Ero scapolo. La domenica sera, mi capitava di andare a servire il direttore dell’Accademia a casa sua. Una sera, il console di Spagna disse al direttore che cercava un portiere per l’edificio del Consolato di via Campo Marzio 34: un immobile di otto appartamenti. Il Consolato ne occupava due al primo piano; gli altri sei erano stati dati in affitto a privati. Feci una prova di tre mesi. La prima notte, ho dormito nella guardiola. Alla fine, ci accordammo per un servizio di portineria allargato a piccoli lavori di sartoria e riparazioni. Nel 1978, arrivò l’equo canone. Il Consolato non mi voleva perdere ma non voleva più pagare il servizio di portineria. Tuttavia, non poteva farne a meno. Altrimenti, chi avrebbe controllato gli accessi al palazzo? Alla fine, nel 1982, fui assunto direttamente dal Ministero degli Esteri Spagnolo. Controllavo gli ingressi, facevo le pulizie, le fotocopie, accendevo la caldaia, svuotavo i cestini e rispondevo al telefono. Mi ero specializzato a mettere in ordine l’Archivio passivo del Consolato. Successivamente, mi fu tolto il pulimento perché entrò in vigore una legge spagnola che stabilì che questo servizio dovesse essere espletato da un’apposita società munita di assicurazione. Sono andato in pensione il 1° luglio del 1999 dopo un anno di pecoraio, due anni di Accademia e trentaquattro di servizio al Consolato.

Quella del Consolato è stata un’esperienza meravigliosa. Sono ancora in contatto con la segretaria. Ho conosciuto complessivamente tredici consoli di Spagna. Quando è stato eletto papa Karol Wojtyla, ho incontrato il re di Spagna Juan Carlos. Una persona stupenda. Eravamo all’ambasciata di Spagna presso la Santa Sede nel palazzo di Piazza di Spagna. Gli ho aperto la porta dell’auto: lui mi ha dato la mano e una pacca sulla spalla. Una soddisfazione immensa. Io gli ho bisbigliato un semplice «Buenos Dias».

Nella mia carriera di portiere al Consolato, ho conosciuto calciatori spagnoli che necessitavano del visto per andare a giocare all’estero in trasferta e… ho anche ristretto il pantalone a un ambasciatore di Spagna. Era dimagrito. L’amministratore dei Beni Stabili spagnoli, non ci credeva.

Ho ricevuto una medaglia d’argento per i primi 25 anni di servizio e una d’oro a fine carriera. Prima o poi, scriverò un libro sulla mia vita.

Antonio Fiadino