A proposito dei soprannomi capracottesi celebrati nelle tante mattonelle affisse per il paese: La Caccia

Perché “La caccia” per la mia famiglia, come appare dalla mattonella – ideata e disegnata dalla mia nipotina Nina e realizzata dal bravo Leo Giuliano – applicata accanto al portone di casa? Dal mio ‘Due, tre, quattro squilli’, un estratto (qui di seguito) che illustra una storia che, dal mio trisavolo, giunge fino a mio padre “Tonitto”…, cacciatore del cuore di Maria, mia madre.

Spesso ho pensato che tutte le storie d’amore si somigliano, come film visti e rivisti.

È così solo in apparenza.

Diversi i contesti sociali e storici dei quali l’amore si fa paradigma, diversi anche i vissuti individuali.

[…]

Non c’è niente da fare: amore contrastato, amore rafforzato, diceva Maria.

Per un po’ gli fu impedito di vedersi.

Ma gli amanti ne sanno una più del diavolo.

Intanto, il fotografo aveva chiesto più soldi di quelli che i due poverini avevano, così Maria, di nascosto, ricamò per una vicina di casa dodici fazzoletti e lui fece più viaggi trasportando legna dal bosco al paese.

Come fare per vedersi? Con la complicità di una vecchietta saggia ci riuscirono quasi tutti i giorni, al crepuscolo.

Si guardavano, si stringevano le mani e facevano progetti per il futuro.

Ma a lui non bastava: voleva sposarla subito, anche senza l’approvazione dei familiari.

Lei lo pregava di attendere tempi migliori: aveva troppo rispetto per i suoi per fare loro un torto così grande.

Qualcuno mise in giro ad arte la voce che Maria si sarebbe sposata con un uomo di buona famiglia, cioè con uno benestante e, soprattutto, con la testa sulle spalle.

Non che la famiglia di lui fosse povera.

Erano tornati dall’Argentina – dove avevano una grande casa con molto terreno coltivato intorno, cavalli da trasporto e da corsa: un vero ranch – perché il capofamiglia, ormai avanti con gli anni, aveva nostalgia del suo paese.

Ancora cavalli, qui in Italia, per trasportare la legna, a quei tempi materiale essenziale per riscaldare le case.

Stavano bene, quindi. Lavoravano la legna per fare il carbone e servivano anche i paesi vicini. Una famiglia di boscaioli.

Perché, allora, tanta ostilità verso quel giovane forte e lavoratore?

Giocava a suo sfavore il carattere esuberante, ribelle, istintivamente ostile alla logica d’ordine e di disciplina di quei tempi.

Da qui a considerarlo un anarchico, un sovversivo pericoloso, che avrebbe persino potuto usare le armi contro chi non gli fosse andato a genio, il passo fu breve, per i piccoli ma influenti notabili del paese: il prete, innanzi tutto, e poi il farmacista, il medico, l’avvocato.

E già successo che uno di loro sparò al re, che era un santo uomo e non aveva fatto niente di male, andavano spargendo veleno quegli uomini colti, dalle cui labbra pendevano i poveracci che non avevano studiato.

Il giovane boscaiolo, ad essere sinceri, non aveva idee di questo genere né, allora, precise convinzioni politiche. Ma tant’è.

E vero che non amava i soprusi e prendeva sempre le difese dei più deboli, per carattere e per un innato senso di giustizia.

Le voci che circolavano sul presunto, imminente matrimonio di Maria, misero infine paura a tutti e due.

E lui, per farsi accettare dai genitori di lei, scelse una strategia di persuasione non violenta e puntò su di loro e sui vecchi del paese le armi inoffensive del suo fascino.

Organizzò una serenata speciale.

Coinvolse gli amici, chiamò un forestiero che cantava come un usignolo e si appostò sotto le finestre di Maria.

Fu una nottata memorabile.

Cominciò al vespro e finì alle prime luci del mattino.

Il repertorio vario e avvincente (persino canzoni in castigliano) tenne sveglio ed emozionato tutto il borgo.

Ormai li aveva conquistati tutti.

Prese la palla al balzo, e andò a chiedere la sua mano.

Si sposarono e il loro accordo fu quasi sempre amoroso.

Quando c’era un dissidio, era Maria che mediava con la sua intelligenza.

Chissà se ebbe mai il desiderio di farsi farfalla per volare lontano?

Io so che per tutta la vita lei ha amato il suo uomo, e non ho mai saputo se abbia dovuto o voluto rinunciare alla sua leggerezza.

Pina Monaco

Fonte: Pina Monaco, Due, tre, quattro squilli, Editori Riuniti, Roma, 2005