Per sempre ti rivedo, Anna: risorgerai nel mio cuore

Sono trascorsi circa due mesi dalla tua scomparsa, Anna, e più passano i giorni, più  mi rendo conto di averti irreparabilmente perduta; può sembrare infatti incredibile ma, dopo 52 anni di matrimonio e nonostante la tua grave malattia, ci facevamo ancora tanta compagnia.

D’altro canto riecheggia ogni giorno nella mia mente l’affettuoso ammonimento che è stato ricordato durante il tuo funerale:

   “Il modo migliore per ricordare una persona cara non deve mai essere di rimpianto o di sconforto, ma di gratitudine a Dio per avercela posta accanto”;

ora, mi dispiace ammetterlo, ma temo proprio di non riuscire a mantenere, come vorrei, questo proposito sebbene mi sforzi di interpretare il mio dispiacere alla luce della Fede.

In queste settimane, Anna, ho ripensato alle tante vicissitudini degli ultimi anni e vissute, per di più, nello sconforto e nel malumore che l’età avanzata, senza dubbio, favorisce; così, nel tentativo di limitarne almeno le conseguenze psicologiche, non avevo trovato di meglio che affidarmi al ricordo dei nostri cari evocandoli nei miei racconti e quasi cercando di risuscitarne la presenza reale.

C’era perciò da scommettere che, anche e soprattutto dopo la tua scomparsa, Anna, avrei cercato di fare lo stesso ed è questo il mio tentativo di oggi: che mi vede ancor più in difficoltà perché troppo dolorosa è stata la tua dipartita; non ho comunque perso la speranza che si ripeta per me, ancora una volta, il “prodigio delle parole”: ad esempio quelle di  un brano cui si fa spesso ricorso in momenti, come il mio attuale, in cui si rimpiange la scomparsa della fedele compagna di una vita; si deve allo scrittore Henry Scott Holland che, dai riscontri che ho trovato, potrebbe essersi ispirato a un pensiero di sant’Agostino (?).

Si intitola “LA MORTE NON È NIENTE” e dice  testualmente così:

Sono solamente passata dall’altra parte: è come fossi nascosta nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu

Quello che eravamo prima, l’una per l’altro, lo siamo ancora

Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato

Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste.

Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami!

Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia di sconforto o di tristezza.

La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza.

Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?

Non sono lontana, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.

Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne avvertirai la tenerezza”.

Così, ho già l’impressione di aver un po’ mitigato il dolore per la tua perdita, Anna; sei stata forse tu a suggerirmi questo testo e sono certo che saranno ora le tue Preghiere a a guidarmi nell’ultimo tratto della mia vita, che resterà indissolubilmente associata alla tua: “PER SEMPRE”,.

A proposito, è proprio questo il titolo di una splendida poesia di Giuseppe Ungaretti dedicata alla consorte scomparsa e di cui ti dedico le altrettanto “prodigiose parole”

“…a poco a poco, in cima
alle braccia rinate,
si riapriranno mani soccorrevoli;

nelle cavità loro,
riapparsi gli occhi, ridaranno luce e
d’improvviso intatta
sarai risorta, mi farà da guida
di nuovo la tua voce”

PER SEMPRE TI RIVEDO” (Anna).

Aldo Trotta