L’Ultima Cena della Chiesa Madre di Capracotta

Nei giorni scorsi, il nostro amico Franco Valente, importante architetto e illustre storico dell’arte molisano (di origini capracottesi!!!), notava giustamente sui propri canali social che «rappresentare l’Ultima Cena è stata una delle massime aspirazioni degli artisti».

Anche nella Chiesa Madre di Capracotta, intitolata a santa Maria in Cielo Assunta, più precisamente nel coro dietro l’altare maggiore, c’è un maestoso dipinto (pittura a olio su tela) del XVIII secolo che raffigura la scena dell’Ultima Cena.

Cristo è al centro del tavolo. La luce della sua aureola si irradia fulgida come il sole dando luce all’interno del Cenacolo. Ha appena annunciato: «In verità, vi dico: uno di voi mi tradirà». E si appresta a istituire l’Eucarestia.

I discepoli si guardano un po’ sorpresi, sono confusi e gli domandano: «Sono forse io, Signore?». Alla sua destra, c’è Giovanni, alla sua sinistra Pietro. Giuda Iscariota è rappresentato in primo piano sul lato opposto del tavolo con lo sguardo rivolto verso lo spettatore quasi a voler rimarcare anche fisicamente la sua colpa di “voltare la faccia” a Cristo.

Sul lato sinistro, un libro è aperto su un leggio e, in basso, un servitore curvo ha due brocche in mano: potrebbe essere identificato con quello stesso «uomo con una brocca d’acqua» citato da Marco nel suo Vangelo (14,12-13) a proposito del luogo nel quale Gesù e i suoi discepoli avrebbero celebrato la Pasqua ebraica dato che l’ufficio di attingere l’acqua era riservato ordinariamente, all’epoca, alle donne.

Al centro del tavolo, davanti a Cristo, ci sono il calice e un piatto con un agnello, evidente rappresentazione simbolica dell’Agnus Dei, cioè di Cristo come vittima sacrificale per la redenzione dei peccati dell’umanità, in collegamento diretto con un grande vaso sottostante anch’esso intriso di un forte valore simbolico legato alla connessione vino-sangue della mensa eucaristica.

Sullo sfondo, alcune colonne tortili ricordano il Tempio di Salomone e collocano la scena a Gerusalemme.

Allo stato attuale delle nostre conoscenze, purtroppo, non è possibile identificare con certezza l’autore dell’opera. Una tradizione locale attribuisce il dipinto al famoso pittore Francesco Solimena (1657-1747), l’artista più ricercato dalle Corti d’Europa della sua epoca. Gli storici dell’arte della Soprintendenza Archeologica e per i Beni ambientali Architettonici Artistici e Storici del Molise preferiscono rimanere cauti e parlano genericamente di «un buon pittore di scuola napoletana».

Francesco Di Rienzo