Capracotta: la parte più antica di me

Claudia Di Rienzo ha 13 anni, abita in provincia di Napoli e frequenta la nostra cittadina dalla nascita per le origini capracottesi della famiglia paterna. Stamattina, ha discusso la tesina per l’esame di terza media. Indovinate l’argomento? Capracotta! La pubblichiamo, con l’autorizzazione dei genitori, con la speranza che le nostre montagne, la nostra cultura e le nostre tradizioni possano esserle di buon auspicio per la votazione finale.

Capracotta è un piccolo paese dell’alto Molise in provincia di Isernia situato a 1421 metri sul livello del mare.

Capracotta ha fatto parte della regione “Abruzzo e Molise” fino al 1963, anno in cui le due Regioni sono state separate da un’apposita legge costituzionale (n.3 del 27 dicembre 1963) emanata ai sensi dell’articolo 132 della Costituzione Italiana. A questo proposito l’articolo 132 dice che è possibile creare una nuova Regione se, dopo aver sentito i Consigli regionali, a farne richiesta sono almeno tanti Consigli comunali che rappresentino almeno 1/3 delle popolazioni interessate e la proposta deve essere approvata con un referendum dalla maggioranza delle popolazioni coinvolte. Oggi, a testimonianza di quella lontana epoca, c’è la celebre frase del film “Il conte Max” del 1957 in cui l’attore Alberto Sordi definisce Capracotta “La piccola Cortina degli Abruzzi”.

Ad oggi Capracotta conta 846 abitanti, ma non è sempre stato così. Infatti questo dato è il risultato di un lungo processo di emigrazione iniziato dopo l’Unità d’Italia, a causa della povertà del suolo e della mancanza di industrie.

Il primo flusso emigratorio è stato verso l’Argentina, successivamente negli Stati Uniti d’America e in Canada. Poi, dopo la Seconda Guerra mondiale gli emigranti capracottesi si sono diretti verso Roma e le città industriali del Nord Italia (Milano e Torino) e di alcuni Paesi europei (Francia, Germania e Regno Unito). Per ricordare questo fenomeno all’ingresso di Capracotta è stata collocata una statua a grandezza naturale che raffigura un emigrante in partenza che saluta la famiglia (foto in basso).

L’emigrazione verso l’Argentina però ha un significato particolare perché ne troviamo traccia in un famoso romanzo di Edmondo De Amicis: “Sull’Oceano” (1889).

Edmondo De Amicis nasce nel 1846 a Oneglia (Imperia) e, all’età di 2 anni si trasferisce prima a Cuneo e poi a Torino, dove a 16 anni entra nel Collegio militare “Candellero” per preparare gli esami di ammissione accademici. Lascia gli studi per dedicarsi all’attività di giornalista militare. Questo impiego gli permette di viaggiare molto e molti dei suoi viaggi sono raccontati in appositi diari di bordo. Dal 1884 lo scrittore vive a Torino, dove pubblica il celebre libro “Cuore” (1886), che è il diario di un ipotetico ragazzo, Enrico Bottini, che racconta alcuni episodi della vita scolastica. Nel 1889 si avvicina al socialismo, fino ad aderirvi completamente nel 1896. L’opera che rappresenta questo passaggio è proprio “Sull’Oceano”, basato su un’esperienza personale. Racconta i 22 giorni di viaggio verso Buenos Aires, Argentina, trascorsi a bordo del piroscafo “Nord America” (Galileo nel libro) con circa 1600 poveri passeggeri di terza classe che speravano di trovare in quelle terre lontane un futuro migliore. Nella scarsità di avvenimenti, l’autore pone la sua attenzione su precisi viaggiatori, creando così una vasta gamma di personaggi. Tra questi la “contadina di Capracotta”. La donna compare più volte nel racconto ma la descrizione più completa si trova nella cronaca del diciassettesimo giorno di viaggio:

«La contadina di Capracotta, il cui visetto tondo di madonna mal lavata, colorito dal riflesso del suo fazzoletto a rose vermiglie, faceva girar la cuccuma anche a vari altri, non ostante la presenza d’un lungo marito barbuto».

Al romanzo “Sull’Oceano” seguiranno: “Il romanzo di un maestro”, “Questione sociale”, “Maestrina degli operai” e altri ancora, tutti di chiara ispirazione socialista. Muore nel 1908 a Bordighera

A proposito dell’emigrazione verso l’Argentina, dobbiamo ricordare che alla fine del XIX secolo questo Paese era molto ampio e poco abitato. Così i politici del tempo decisero di popolarla favorendo l’immigrazione dall’Europa, portatrice delle loro intenzioni di innovazioni tecnologiche e progresso. Gli emigranti europei potevano viaggiare gratis in terza classe e, una volta sbarcati venivano accolti nell’ “Hotel de Inmigrantes”, a Buenos Aires. In alcuni luoghi gli emigrati ricevevano lotti di terra gratuitamente. Il numero di emigrati italiani in Argentina divenne talmente alto da dire che “gli argentini sono italiani che parlano spagnolo”. Gli emigranti capracottesi si installarono nella città di El Zanjon, nella provincia agricola di Santiago del Estero. Altri si stabilirono nella provincia di Buenos Aires dove aprirono negozi e la fabbrica più importante d’Argentina: la “Siam Di Tella”. Si radicarono presto nella società argentina conquistando vari primati: Antonino Di Nucci è stato il padre della radiologia argentina, i Di Tella divennero importanti politici e industriali e Maria Luisa Stabile fu la prima donna a laurearsi in giurisprudenza in Argentina.

Ma il nome di Capracotta ha attraversato l’oceano anche grazie alla penna del celebre scrittore americano Ernest Hemingway, che nel 1929 pubblica il romanzo “A Farewell to Arms”. Questo romanzo tratta dell’amore tra il giovane idealista americano Frederic Henry e l’infermiera britannica Catherine Barkley nelle fasi cruciali della Prima Guerra Mondiale sul fronte italiano. Il romanzo è autobiografico, difatti Hemingway è Frederic, in Catherine riconosciamo invece l’infermiera americana Agnes Von Kurowsky, amata dallo scrittore durante la sua convalescenza presso l’Ospedale di Milano. Attorno ai due si muovono tutti gli altri personaggi che offrono allo scrittore la possibilità di lanciare un messaggio ben preciso ai propri lettori: la vita è precaria perché è continuamente sconvolta dalla violenza e dalla morte; bisogna vivere appieno i momenti di serenità e amore. Capracotta in questo romanzo compare grazie alla figura del cappellano militare originario del paesino molisano che consiglia al protagonista di trascorrere la sua licenza a Capracotta. Frederic visita molte cittadine italiane ma alla fine a Capracotta non ci va. Quando ritorna sul fronte e rivede il cappellano è molto dispiaciuto di non aver accolto il suo invito. Quando la guerra riprende Frederic viene ferito alle gambe dopo lo scoppio di una bombarda e proprio per questo viene ricoverato in un ospedale da campo, dove rincontra il cappellano capracottese e proprio durante una conversazione tra i due il religioso descrive il proprio amato paese:

“A Capracotta c’erano le trote nel torrente sotto la città. Era proibito suonare il flauto di notte. Quando i giovanotti facevano le serenate, soltanto il flauto era proibito. Perché alle ragazze non faceva bene udire il suono del flauto di notte. I contadini chiamano tutti “Don” e quando incontrano qualcuno si tolgono il cappello. […] D’estate la notte faceva fresco e la primavera degli Abruzzi era la più bella d’Italia. Suo padre andava a caccia ogni giorno e si fermava a mangiare nelle case dei contadini. Per loro era sempre un onore”.

Con il susseguirsi degli eventi il cappellano ha un ruolo sempre più marginale, fino a sparire del tutto. Il romanzo finisce con la morte di Catherine, eppure l’ultimo pensiero di Frederic va al cappellano capracottese. Nel film “Addio alle armi”, uscito nel 1957 sotto la regia di Charles Vidor il cappellano capracottese è interpretato da Alberto Sordi. Oggi a Capracotta esiste “via Ernest Hemingway”.

«Sei andato a pescare in Abruzzo? Sei andato a trovare i miei?». Alberto Sordi interpreta il cappellano di Capracotta nel film “Addio alle armi” di Charles Vidor del 1957

Il cappellano militare è solo uno dei tanti capracottesi presenti sul fronte della Grande Guerra infatti Capracotta, oltre a medici e il cappellano, inviò al fronte in totale 663 soldati e 65 di essi persero la vita in combattimento.

Circa 30 anni dopo, durante la Seconda Guerra Mondiale, Capracotta fu invece distrutta dall’esercito tedesco in ritirata di fronte all’avanzata delle truppe Alleate verso Nord per la sua posizione strategica sulla sottostante valle del fiume Sangro a partire dall’otto novembre 1943. L’Italia era entrata in quella guerra al fianco della Germania ma, dopo lo sbarco degli Anglo-americani in Sicilia e le dimissioni e l’arresto di Mussolini, l’8 settembre 1943 viene reso pubblico l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati. A quel punto Hitler aveva spostato in Italia numerose truppe facendo cadere nel caos il nostro Paese.

Quell’8 settembre, la notizia dell’armistizio raggiunse i capracottesi via radio e tutti parteciparono alla processione della Madonna di Loreto, che a Capracotta si festeggia ogni 3 anni in quella data, nella speranza che il conflitto sarebbe terminato a breve e che i padri, i mariti, i figli, i cugini, i nipoti sotto le armi lontani sarebbero presto tornati a casa sani e salvi. Al termine della processione però ebbero una sorpresa: alcune avanguardie tedesche arrivarono in paese in perlustrazione. Il comando tedesco, infatti, aveva deciso di installare alcune truppe a Capracotta per controllare dall’alto la Valle del Sangro, evento che poi avvenne. Nel mese di novembre, davanti all’avanzata nemica i tedeschi furono costretti a scappare verso nord. Prima di andare via adottarono la tecnica della terra bruciata per non dare alcun vantaggio logistico al nemico.

Così dall’8 al 12 novembre i soldati tedeschi distrussero con il fuoco e la dinamite quasi tutte le abitazioni. I capracottesi si salvarono rifugiandosi nel cimitero, nella chiesa e nelle masserie sparse nel territorio circostante. Con l’arrivo degli Alleati, Capracotta divenne territorio di guerra e gli abitanti vennero sfollati nel Sud Italia.

Quella dell’8 settembre è una data molto importante a Capracotta, difatti ogni tre anni viene celebrata una sentita festa religiosa in onore della Madonna di Loreto con il ritorno di   numerosi capracottesi residenti in ogni angolo del pianeta. La festa dura tre giorni nei quali la statua della Madonna viene presa dal santuario all’ingresso del paese per essere portata in processione per le vie del centro abitato. La sera del 7 la statua della Vergine viene trasferita in una processione notturna alla Chiesa Madre, il giorno 8 (foto in basso) viene portata a spalla per le strade di Capracotta. I festeggiamenti si concludono il giorno 9 quando viene riportata nella sua sede originaria.

Caratteristica di questa festa è la “sfilata dei cavalli” o muli, abbelliti con coperte e panni sfarzosi e addobbati di fronzoli di ogni genere, che scortano la Madonnina in giro per il paese e si inchinano dinnanzi a Lei prima del ritorno nel Suo santuario. 

La festa trae origine da una leggenda secondo la quale su un tronco d’albero si sarebbe impressa un’immagine sacra. Su questa tradizione si è innestato l’elemento pastorale, difatti la cappella venne eretta dai pastori che si recavano in quel luogo prima della partenza per la transumanza in Puglia per chiedere la protezione della Madonna e, al rientro, sostavano in quello stesso luogo per ringraziare la loro protettrice per essere tornati a casa sani e salvi. “Za’r vdem l’8 Settiembra” (ci rivediamo l’8 settembre) è per antonomasia il saluto dei capracottesi che, nonostante la lontananza fisica e gli anni, fanno sempre il possibile per essere presenti alla festa.

La processione dell’8 settembre. Foto: Federica Roselli

La musica a Capracotta è da sempre un elemento fondamentale e tramite essa la comunità si è sempre raccontata. Il tema prevalente è l’amore: le fasi del corteggiamento, l’amore corrisposto, la partenza dell’amato per la transumanza verso la Puglia, la lontananza dei due amati e l’attesa per il ritorno in paese. Poi ci sono i canti intonati dai contadini durante il lavoro nei campi, un’esposizione di stornelli “A botta e risposta” che servivano principalmente per scandire il lavoro ma davano alle donne la possibilità di esprimersi in un modo che non era loro concesso nel comune parlare. Abbiamo anche dolci ninne nanne materne affinché il sonno del bambino fosse quieto e profondo. Di grande importanza sono anche i canti d’addio al paese che venivano intonati il 10 settembre, quando dopo la fine dei festeggiamenti in onore della Madonna di Loreto si ritornava alle proprie residenze nelle varie città. Queste canzoni decantavano le bellezze del proprio paese e la promessa di un ritorno. Non ci sono però delle testimonianze dell’uso di particolari strumenti per questi canti, dato che spesso è utilizzata esclusivamente la voce e, solo col passare del tempo, per la riproposizione di questi brani sono stati utilizzati strumenti come fisarmonica e chitarra. Oggi il folklore della musica capracottese è tenuto in vita dal gruppo “I Musicanti del Piccolo Borgo”.

I Musicanti del Piccolo Borgo salutano il pubblico al termine del concerto nella Chiesa Madre di Capracotta del 7 gennaio del 2018

Capracotta è capace di unire tradizione a innovazione: da un lato tiene vivo la sua cultura e dall’altro guarda al futuro, difatti ospita sul proprio territorio un impianto eolico e, ai suoi confini, un osservatorio astronomico. Il paese è situato in alta quota e questo favorisce la produzione di energia eolica tramite l’installazione di pale eoliche. A Capracotta la produzione di energia eolica garantisce una consistente entrata economica nelle casse del Comune che viene utilizzata per il mantenimento delle strutture pubbliche e delle politiche sociali della comunità. L’energia eolica è quella prodotta dal vento, che si manifesta con grande regolarità nelle zone di alta montagna. Per sfruttarlo si usano sia le pale eoliche, sia piccoli impianti che generano pochi kilowatt.

Il parco eolico di Capracotta. Foto: Marco Di Branco

Al confine tra Capracotta e il Comune di San Pietro Avellana è stato realizzato, in una vecchia casa cantoniera dismessa, l’osservatorio astronomico provinciale dedicato a Leopoldo del Re (Cantalupo nel Sannio, 1804 – Napoli, 1872), l’astronomo molisano che ricoprì l’incarico di direttore dell’Osservatorio astronomico di Capodimonte a Napoli nel decennio 1850-1860. La cupola dell’osservatorio ha un diametro di 4 metri e il telescopio ha un diametro di 40 cm. Ho visitato varie volte l’osservatorio astronomico “Leopoldo del Re” e ho potuto osservare Saturno, Giove e Marte. Inizialmente abbiamo visto i tre pianeti, poi siamo usciti all’esterno e un astronomo ci ha mostrato le varie costellazioni con un puntatore laser, dato che l’assoluta mancanza di inquinamento luminoso favorisce la visione dei corpi celesti. Inoltre, durante la visita, un satellite americano ha attraversato il cielo per sparire rapidamente oltre le montagne all’orizzonte.

Dal punto di vista artistico, il paese è stato rappresentato da diversi artisti che vi hanno soggiornato. Tra questi il famoso vedutista napoletano Gaetano Bocchetti (1888-1990). Bocchetti fu uno dei protagonisti della cosiddetta “Secessione napoletana”. In polemica con la pittura accademica del chiaroscuro e della prospettiva, rifiutando i temi storici e mitologici, pose la sua attenzione alle esperienze impressioniste e post-impressioniste. Bocchetti visitò Capracotta e ne rimase talmente colpito da volerne realizzare tre vedute (Capracotta vicolo, paese e Capracotta fuori paese) che espose nel 1921 alla Prima Biennale Romana. Tutti i dipinti raffiguranti il paese fanno parte di collezioni private.

Nel dipinto in alto, “Capracotta paese”, l’artista napoletano raffigura con licenza pittorica, il centro di Capracotta probabilmente nel 1920. Sulla sinistra due uomini chiacchierano seduti su una panchina, al centro un uomo cammina da solo mentre sulla destra un uomo e una donna con due asini carichi di legna attraversano la strada. Sullo sfondo l’imponente mole dell’antica torre con l’orologio, demolita dopo la Seconda Guerra mondiale.

A Capracotta la neve non manca mai! Ci sono numerose testimonianze di abbondanti nevicate nella sua storia che isolavano per molto tempo gli abitanti dal resto d’Italia. La situazione è migliorata dall’anno 1950 quando arrivò in paese lo spartineve “Clipper”, donato dalla comunità capracottese residente negli Stati Uniti d’America. Nel marzo 2015 Capracotta ha addirittura registrato il record di nevicata in 24 ore: ben 256 cm di neve.

Uno degli sport più amati e praticati a Capracotta è lo sci di fondo, promosso dallo Sci Club locale. Lo Sci Club di Capracotta è stato fondato il 19 febbraio 1914 ed è il terzo più antico d’Italia. Per i suoi meriti nella sua storia ha ottenuto tre importanti riconoscimenti in ambito sportivo: il “Distintivo d’Oro FISI” (1984), la “Stella d’Oro CONI” (1985) e il “Collare d’Oro per il 2018” che è la massima onorificenza al merito sportivo conferita dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano. Tra i tanti eventi organizzati dallo Sci Club Capracotta, ricordiamo i Campionati Assoluti di Sci di fondo nel 1997 con la partecipazione dei grandi campioni italiani dell’epoca e la Continental Cup (Coppa Europa) nel 2004 e nel 2008, le edizioni più a sud di sempre di questo evento. A Capracotta lo sci di fondo si pratica negli impianti di Prato Gentile, che si trovano ad alcuni km dal centro abitato. La pista “Mario Di Nucci”, dedicata a uno dei più grandi fondisti capracottesi, si estende per 15 km, si sviluppa attraverso uno splendido bosco di faggi e di abeti ed è formata da tre anelli: i primi due servono per le competizioni agonistiche, l’altro serve essenzialmente per il riscaldamento degli sciatori e per i turisti che vogliono dilettarsi in questo sport.

Ho scelto Capracotta come tema della mia tesina perché è un luogo che porto sempre nel cuore.

Ci vado da quando sono piccolissima ed è proprio lì che ho conosciuto delle persone davvero molto importanti per me, come Irene, che conosco da 10 anni e che considero una delle mie più grandi amiche. Ci sono poi Martina, Sofia, Federica e Claudia, con le quali ho condiviso numerose esperienze, che comprendono litigate assolutamente epiche, monellate varie e tanto divertimento. Quando sono a Capracotta tutto sembra incredibilmente leggero e tutte le ansie e le paure svaniscono in una lattina di the alla pesca.

Di Capracotta mi manca tutto: mia nonna che prima di uscire mi dice di stare attenta alla curva “Ché passano le macchine e non ti vedono neanche, a nonna”, la pizza del forno, le centinaia di migliaia di parenti che sembrano quasi fiutare il mio odore, “A chi appartieni?” detto dalle vecchiette in piazza, il tramonto al belvedere, le interminabili passeggiate che terminano sempre al bar Taccone, le partite a nascondino con le mie amiche e tutto ciò che tanto apprezzo della piccola “Cortina degli Abruzzi”.

Claudia Di Rienzo

III C

Istituto Comprensivo Falcone – Catullo

Anno scolastico 2019 – 2020

 

Bibliografia:

AA.VV., A la Mèrɘca. Storie degli emigranti capracottesi nel Nuovo Mondo, Amici di Capracotta, Cicchetti Industrie Grafiche, Isernia, 2017

AA.VV., Capracotta 1888-1937: cinquant’anni di vita cittadina nelle foto del Cav. Giovanni Paglione, Amici di Capracotta, Tipografia Cicchetti, Isernia, 2014

  1. Conti, Letteratura Popolare Capracottese, Editore Luigi Pierro, Napoli, 1911
  2. De Amicis, Sull’Oceano, Fratelli Treves Editori, Milano, 1889
  3. Di Rienzo, A Farewell to Arms, in Atti del convegno “Capracotta a 100 anni dalla Grande Guerra”, Comune di Capracotta, 2015
  4. Di Rienzo, Il Diario di Capracotta, Cicchetti Industrie Grafiche, Isernia, 1999 – 2019
  5. Hemingway, Addio alle Armi, Oscar Mondadori Editore, Milano, 1946

Filmografia:

Il Conte Max, diretto da Giorgio Bianchi, Italia, CA-MO Film, 1957

Fonti archivistiche:

Archivio del Comune di Capracotta, Il Libro delle Memorie (manoscritto)

Sitografia:

www.amicidicapracotta.com

www.capracotta.com

www.immigrationfromcapracotta.com

www.sciclubcapracotta.it

 

Si ringraziano per la collaborazione: il maestro di sci Alessandro D’Andrea e il musicista Silvio Trotta dei “Musicanti del Piccolo Borgo”.