Incanto e malinconia del Natale

Aldo Trotta e la moglie Anna con mantello

Con le festività di fine anno in arrivo, sta per concludersi il 2022 e sono sorpreso di accorgermi che si è un po’attenuato il dispiacere di non poter trascorrere almeno qualche giorno a Capracotta: ho sempre inseguito l’illusione di ritrovarvi la favolosa atmosfera natalizia di quando ero bambino.

 Giacomo Leopardi scriveva nel suo “Zibaldone”:

 “la massima parte delle immagini e delle sensazioni indefinite che noi proviamo anche dopo la fanciullezza e nel resto della vita, non sono altro che una rimembranza della fanciullezza stessa, si riferiscono a lei, dipendono e derivano da lei, sono come un influsso e una conseguenza di lei”  (515-16).

È ’inevitabile, perciò, che l’approssimarsi del santo Natale risvegli la mia “nostalgia” che ora preferisco chiamare con l’antico nome francese “Le mal du pays” (“la malattia del paese”);sono convinto che questo termine sia il più idoneo ad esprimere l’amore infinito per il mio luogo di nascita: con le sue case, le sue montagne, la sua neve, in altri termini la mia inguaribile “malattia per Capracotta” che suscita spesso la scherzosa ironia di alcuni amici.

Secondo molti studiosi, nemmeno una “meta del cuore” così esclusiva aiuta a ridurre lo sconforto per la perdita di ciò che è irrecuperabile, il tempo che vi si è trascorso; anch’io ho sperimentato, del resto, che la classica terapia della nostalgia, il “ritorno”, produce sì un minimo di beneficio, ma al prezzo di tanta delusione: tornando in paese infatti, mi sono reso conto a fatica che non solo esso è cambiato, ma che il fiabesco periodo dell’infanzia e della giovinezza è irrimediabilmente svanito.

Lo scrittore Fernando Pessoa, a proposito del suo stato d’animo nei confronti della città di Lisbona in cui era nato, diceva:

“Un’altra volta ti rivedo, ma ahimè, non mi rivedo!”; si è rotto lo specchio magico in cui mi rivedevo identico e, in ogni frammento vedo solo un pezzo di  me – un pezzo di te e di me!

È come se l’uomo che torna invecchiato alle sue origini si ritrovasse dove non è mai andato o rivedesse quello che non ha mai visto e mi dispiace che capiti la stessa cosa anche a me nelle ormai rare occasioni in cui sono a Capracotta: non avrei mai immaginato che ciò potesse accadere, e non è stato breve né facile il percorso interiore perché mi convincessi di questo assurdo.

Intanto, nell’assoluta modestia delle mie capacità, ho fatto il tentativo di scrivere raccontando del mio passato specie dopo aver appreso che, a trasformare la nostalgia da “malattia” in “sentimento”, è stata proprio la letteratura: cui si deve il miracolo di vedere realizzato il sogno del ritorno, dopo averlo liberato dalla sua condanna come impossibile.

Può apparire paradossale ma lo stesso Leopardi, uno dei primi a utilizzare questo vocabolo, concepiva già la “nostalgia” come priva di connotazioni patologiche, pur tristemente consapevole che il ritorno non annulla il dispiacere per la lontananza; intanto, con il Natale alle porte, mi pervade la “nostalgia dell’innocenza”, molto vicina forse alla “malinconia” e caratteristica dei momenti di apparente “arresto” della vita come il mio attualmente. Essa attinge a “ragioni del cuore” dolcemente riflessive e pensose e perciò vorrei che da me trasparisse un sentimento privo di pathos, non doloroso ma rasserenante, un po’ come quello che esprimono, nella loro splendida armonia, i famosi versi di Dante Alighieri (Purgatorio, VIII, 1-6) :

“Era già l’ora che volge il disìo

ai naviganti e intenerisce il core

lo dì c’han detto ai dolci amici addio

e che lo novo peregrin d’amore

punge se ode squilla da lontano

che paia il giorno pianger che si more”.

Senza aver mai navigato mi sento anch’io un “errante” che, come al suono di una “squilla da lontano”, si emoziona riascoltando idealmente la melodia delle zampogne, le nostre amate “scupine”:

“le musiche della terra natia bisbigliano

all’orecchio   della nostra anima …”.

Al miracolo della letteratura, infatti, specie in questo periodo, si aggiunge quello della musica; a cominciare dalle opere di Franz Liszt, c’è una quantità infinita di componimenti, spesso veri capolavori “della e per… la malinconia”:di cui, anche a Capracotta, non mancano bellissimi esempi come l’antica “pastorale” elaborata del maestro Alfonso Falconi.

Non si può, ancora, non ricordare l’incantevole poesia di Rainer Maria Rilke intitolata “Avvento”:

Come un pastor, nel bosco innevato
gregge di fiocchi sospinge il vento,
e qualche abete, ecco, ha indovinato
ch’avrà di sacre luci presto ornamento

I rami verso i bianchi sentier spingendo

ogni fruscio spia nell’attesa ansiosa,
e sfida il vento e va così crescendo
incontro a quella Notte radiosa”.

Così, nell’incanto di questi versi, si rinnova anche per me il prodigio del “ritorno” e rimango “in ansiosa attesa” riflettendo alle parole del profeta Isaia ( 2,1-5) nella prima domenica di Avvento:

“…una nazione non alzerà più la spada

contro un’altra nazione, non

impareranno più l’arte della guerra…”.

Faccio voti di Preghiera, infine, affinché la luce di quella “notte radiosa” torni ad illuminare il mondo: ne abbiamo tanto bisogno!

Auguri affettuosi di buon Natale e buon Anno a tutti, con un abbraccio forte ai cari “Amici di Capracotta”

Aldo Trotta