Un tavolo intarsiato del capracottese Remo Sammarone alla Casa Bianca

Se le vie del Signore sono infinite, infinite sono le storie dei tanti capracottesi sparsi per il mondo.

E questa che riporto, anche se a qualcuno è nota, è per la singolarità con cui ne sono venuto a conoscenza e perché costituisce motivo di prestigio, ancora una volta, per la nostra comunità. Una cugina della compianta suocera di mia figlia Clara, signora Maria Perelli, toscana, vissuta per diversi anni a Roma, divenne colà intima amica della famiglia capracottese Angelaccio.

Amicizia di lunga data, cordiale, schietta, affettuosa, improntata a rapporti dal sapore familiare, Costei, amante del nostro paese, ha raccontato, in uno scritto, dal titolo “La Tormenta a Capracotta” di un viaggio avventuroso colà, insieme ad una componente di tale casato, nel mese di dicembre del 1980. Patirono non pochi disagi, però.  queste due impavide turiste per il freddo, aggravato dal fatto che, all’arrivo a Capracotta, .il portone d’ingresso dell’abitazione era ostruito da grossi cumuli di neve, che un solerte premuroso spalatore del Comune sollecitamente rimosse, permettendo loro di entrarvi. Vano fu ogni tentativo per riscaldarsi, durante la notte, per cui attesero con ansia il sorgere del sole per andare via. Al mattino un nostro disponibile giovane compaesano, che doveva recarsi ad Isernia, fu tanto cortese di accompagnare, di buon grado, con la propria auto, le infreddolite amiche alla stazione ferroviaria per raggiungere Roma, dopo una lunga passeggiata per la città…

A parte questa breve digressione… nevosa, la signora Maria, venuta a conoscenza di tante notizie da parte della citata famiglia, me ne ha trasmessa una in particolare che piace riportare.

Erenia Angelaccio e suo marito Umberto Sammarone, agli inizi del ‘900, emigrarono da Capracotta in America, in Pennsylvania, a Filadelfia; da questa unione nacque un figlio maschio, Remo, divenendo nel tempo abile falegname. Attività artigianale, insieme a quella dei nostri sarti, molto apprezzata in ogni luogo, ove presente…

Remo, come tanti altri, dimostrando abile maestria, dice la signora Maria, “costruì un tavolo ovale meraviglioso intarsiato con tanti legni per la Casa Bianca (la White House) di Washington”, l’abitazione utilizzata, durante gli anni del mandato politico, dal Presidente degli Stati Uniti d’America, situata al numero 1600 della Pennsylvania Avenue.

C’è da credere che l’incarico al nostro Remo, da parte dei responsabili di tale augusta sede, sia stato dato in seguito a rigida selezione dei progetti presentati, ritenendo il suo più rispondente ai canoni estetici stabiliti; Remo era titolare di una ditta di arredo d’interni.

Ovale, in simmetria con la forma dei due saloni ellittici esistenti, collocato verosimilmente in uno di questi e forse ancora utilizzato dall’attuale Presidente Joe Biden.

Notizia ampiamente confermata telefonicamente parlando con la gioviale e dinamica compaesana residente a Milano, signora Enza de Renzis. Ella mi ha detto, riferendole quanto saputo in merito al famoso tavolo, che suo nonno materno, Giovannino Terreri da Pescopennataro, le aveva trasmesso tale notizia in tempi molto lontani. Tale nome e cognome mi ha fatto ricordare che compare in una copia di un documento in mio possesso della Camera di Commercio di Campobasso del 1928 relativo a Capracotta. In essa si legge, insieme a tanti rappresentanti di diverse attività allora esistenti, che Potena Domenico, Conti Donato e Di Tanna Santino, oltre il Terreri, erano  compresi sotto la voce “Vettori di emigrazione”.

Locali operatori che, all’epoca si interessavano di approntare le pratiche e fornire i biglietti per l’espatrio all’ estero dei nostri concittadini.

Dopo questo breve accenno, con l’amaro ricordo del fenomeno dell’emigrazione, irrompe ancora una volta grandissimo e impetuoso l’orgoglio nel considerare che, attraverso l’opera di un nostro valente maestro nell’arte della falegnameria, possa essere ricordato, nella superba dimora del Presidente degli Stati Uniti d’America, il nome tanto amato della nostra Capracotta.

Felice dell’Armi