La posa del caffè nel Molise era una cosa seria

Mia nonna a San Pietro Avellana lo faceva nella “cioccolattera” di rame dal manico di ottone.

Come nei Paesi arabi veniva tenuta a contatto con il fuoco che era acceso tutto l’anno in maniera che l’acqua calda fosse sempre disponibile.

Il caffè si sorseggiava durante tutta la giornata.

Chiunque passava in cucina approfittava versandosene una tazzina.

“Non meno di tre, non più di trentatré” era la regola.

Con una famiglia di dieci figli e decine di ospiti che frequentavano la casa era ovvio che la polvere di caffè venisse sistematicamente aggiunta nella “cioccolattera”.

Il caffè, lentamente, veniva versato nella tazzina senza posa.

Diversamente da quello che si faceva a tavola dove il caffè veniva servito sulla guantiera dopo averlo filtrato opportunamente con un colino.

Sul sorso d’acqua prima o dopo il caffè vi sono due scuole di pensiero.

Una, secondo cui un mezzo bicchiere di acqua va bevuto prima del caffè per eliminare dal palato qualsiasi sapore che possa modificare il suo gusto.

Un’altra che ha a che fare con il modo di bere medio-orientale (greco-turco) dove il caffè si fa nei “cezve”, che sono pentolini di rame molto simili alle nostre “cioccolattere”, che vengono tenuti sempre pieni sulla piastra della stufa.

I pentolini sono individuali. Se si entra nella cucina di un albergo antico o nel retrobottega di un bar popolare sulla piastra riscaldata si vedono decine di “cezve” pieni di acqua che bolle con la polvere del caffè.

Nei Paesi arabi il caffè macinato si versa nel “cezve” e si serve, come una volta da noi, senza filtrarlo.

Si beve in genere senza zucchero e alla fine qualche granello della posa che rimane fastidiosamente sulla lingua viene eliminato con un sorso d’acqua…

Il caffè va bevuto lentamente. Anche per dare tempo ai granelli di depositarsi

Perciò si chiama posa!

Franco Valente