Cuia siè? Un’originale carta di identità a Capracotta

Via Arco con le mattonelle con i soprannomi di Capracotta

A Capracotta, se un residente incontra uno sconosciuto nell’ambito della piccola comunità, dopo il rituale saluto, sinonimo di buona educazione e di augurio di ogni bene, rivolto a costui, al fine di identificarlo, gli chiede: Cuia siè? (chi sei?).

A tale domanda l’interpellato paesano non risponde spesso con nome e cognome, ma con il soprannome, elemento identificativo certo con il quale pubblicamente è individuata la personale provenienza.

Diverse le ragioni per le quali ne è derivato quell’antico timbro apposto dalla collettività alle famiglie esistenti. Un evento particolare che aveva suscitato curiosità o altro, il comportamento più o meno ortodosso di qualcuno. anomalie anatomiche evidenti, l’attività lavorativa esercitata, similitudine con personaggi politici dell’epoca, presunti poteri del soggetto nominato ecc. insieme alla variazione del   nome di battesimo del soggetto, in presenza di altri omonimi residenti, spesso risultato di bizzarre invenzioni da parte della fantasia popolare.

In rapporto a tale tematica ebbi modo, qualche anno fa, di visionare degli elenchi di nomi, cognomi, nomignoli e soprannomi di nostri concittadini coniati nel tempo e catalogati da due compaesani; nel 1970 da Gregorio Giuliano e nel 2018 da Vincenzo Di Rienzo.

La mia curiosità si è accentuata, in particolare, sui nomi propri di persona, femminili e maschili, con tutta una miriade di varianti. Varianti necessariamente obbligatori per precisare con esattezza la persona da individuare e ciò in dipendenza di vari fattori. La frequente ricorrenza di uguali cognomi, spesso matrimoni tra consanguinei, con la ripetizione di nomi di cari scomparsi, per mantenervi vivo il ricordo, insieme ad altre ragioni, hanno determinato, di necessità la ricerca, in qualche modo, di poter identificare, senza incorrere in errori, in caso di omonimia, le persone in esame.

Varianza nata certamente, non dalla conoscenza di figure della grammatica italiana, ma dall’estro, dalla fantasia, dalla musicalità e poesia del linguaggio della nostra gente.

L’aferesi, l’alternanza, l’assimilazione di lettere nel contesto della parola, il diminutivo, il vezzeggiativo, l’accrescitivo derivano inconsciamente dal vocabolario esistente nel contesto cittadino: lo status socio-culturale di un tempo, in generale, non poggiava su consolidate conoscenze scolastiche certamente, ma la molteplicità di tanti diversi tipi di nomi è da mettere in relazione, pur sempre in dialetto, in relazione a delicati sentimenti , fine sensibilità, grazia .vezzi e amore, oltre che  da fervida devozione religiosa verso il nostro santo protettore San Sebastiano e  la Madonna di Loreto; insomma nomi con  qualcosa di mistico (Incoronato/a, in riferimento al Santuario dell’Incoronata di Foggia, Custode, Croce, Angelo, ecc.) o di romantico (Rosa, Donato, ecc.).

Di fronte a tanta delicata apposizione di diminutivi e vezzeggiativi, fa riscontro la presenza di diversi accrescitivi che, sempre per motivi identificativi, necessari e apposti per lo più per fattori fisici evidenti dei personaggi presenti negli elenchi consultati.

Speciale considerazione, secondo me, merita il nome: Bambina. Quando un aggettivo o sostantivo femminile di bambino viene trasformato in nome proprio femminile di persona Bambina, si raggiunge il massimo della dolcezza e della grazia, per la nascita di una figlia poi battezzata con tale nome. Per la coppia che l’ha generata Bambina è con gioia la bambina per tutta la loro vita e la stessa, anche da adulta, per i genitori, è la bambina di sempre! È da pensare che nel contesto familiare, con una figlia avente tale nome in ogni fase della sua vita, abbia regnato principalmente tenerezza e amore, nonché intima letizia da parte della nominata, consapevole di esserne il motivo.

Felice dell’Armi