Gli operai capracottesi della SNIA Viscosa di Roma (Parte II)

L’Archivio Storico dello stabilimento SNIA Viscosa di Via Prenestina ha una storia molto particolare: abbandonato dalla proprietà al momento della chiusura della fabbrica, fu salvato da un gruppo di abitanti del quartiere nel 1995.

I documenti qui conservati si sviluppano su 28 metri lineari e riguardano principalmente l’attività dell’Ufficio del Personale: cartelle, schede e fascicoli suddivisi in 5 sottosezioni che coprono l’intero periodo di attività della fabbrica (1923 – 1955) e riguardano un totale di 17.622 persone che hanno prestato servizio in questa struttura, anche se per poco tempo.

L’Archivio è parte integrante del Centro di Documentazione dedicato a Maria Baccante, operaia della SNIA, in prima linea nelle lotte per il miglioramento delle condizioni di lavoro degli operai della fabbrica.

La Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio, ha dichiarato in data 3 luglio 2012, l’archivio di “interesse storico particolarmente importante”.

In ottemperanza a quello che sempre più va rivelandosi come un vero e proprio dogma, cioè che “in ogni luogo ci trovi un capracottese”, avevo da tempo in mente di consultare questo interessante archivio, con la speranza di poter rintracciare alcuni compaesani che avessero lavorato in questa fabbrica.

Le speranze non sono andate deluse, ma prima di rendere noto l’esito della ricerca, è doveroso fare alcune considerazioni: prima ancora un ringraziamento di cuore va ai volontari che consentono l’accesso ai locali del Centro, aperti nel pomeriggio del mercoledì grazie alla loro passione ed all’impegno che mettono nell’accogliere chiunque voglia consultare il prezioso archivio per motivi di studio, per ricerche personali, per rintracciare un parente che qui abbia lavorato, per consegnare eventuale documentazione da far confluire nell’archivio, mettendola a disposizione di tutti.

Dall’inizio di settembre e sino alla fine di dicembre 2022 ho potuto consultare tutte le schede e cartelle personali degli oltre 17.600 lavoratori.

Sono entrato in contatto con una realtà a me sconosciuta: si sente sempre parlare di sfruttamento, ma nel leggere alcune cose, sembra di essere finiti nei libri di Charles Dickens, nella Londra dei primi dell’Ottocento. 

Leggere tra le tante schede il nome di una “bambina” di 12 anni, che invece di giocare con le coetanee, lavora in una fabbrica dove sono usati solventi tossici, ha lo stesso potere di un pugno nello stomaco!

Venire a conoscenza che un’operaia guadagna 0,35 centesimi l’ora, mentre un operaio 0,90 a parità di tempo lavorato, non può lasciare indifferenti!

Constatare che giovani provenienti per lo più dal Sud in cerca di lavoro, fanno turni di 8 ore anche di notte e nei festivi (la fabbrica è come un altoforno: non si ferma mai!) in ambienti poco salubri e che padri e madri di famiglia ai quali per punizione vengono tolte un’ora o una giornata di lavoro per un piccolo ritardo di 10 minuti o una sigaretta fumata durante l’orario di lavoro, non può che far riflettere.

Facendo un rapido raffronto con ciò che ancora oggi succede, in Italia e non in un paese lontano, rende l’idea che in troppe realtà non è cambiato nulla, come se ci si fosse fermati ad un secolo o due prima!

La prossima volta conosceremo i compaesani che hanno prestato la loro opera in questa fabbrica. 

Paolo Trotta

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